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Scusate se di Lotti non me ne può fregare di meno

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June 16, 2019 by Mosè Viero

C’è un positivo effetto collaterale che la tragicità dei tempi del Governo grilloleghista sta avendo sul sottoscritto e penso anche su altri: la rivalutazione ex post di certe prese di posizione degli anni che furono, rivelatesi inconsistenti per non dire perniciose alla luce degli sviluppi successivi.

Nell’epoca del dominio berlusconiano, il leitmotiv di tanta parte dell’opposizione, se non parlamentare senz’altro extra-parlamentare, era l’inadeguatezza del premier per via dei suoi non limpidi rapporti con la Giustizia. Sospinti da poderose campagne di stampa e dall’infaticabile attività di comitati a difesa della Legge e della Costituzione, io e tanti altri scendevamo in piazza, fisicamente e metaforicamente, per manifestare il nostro rigetto verso un Presidente del Consiglio condannato per frode fiscale, amico e sodale di personaggi legati a doppio filo alla mafia, e finanche implicato, in ultimo, in episodi di sfruttamento della prostituzione. Di fronte a questo quadro desolante, la domanda era: com’è possibile che così tanti cittadini lo votino senza fare un plissè?

Intendiamoci: nel caso in oggetto la domanda era tutt’altro che peregrina. Dal punto di vista dei suoi guai con la Giustizia, Berlusconi era un caso credo unico al mondo. Però ora mi rendo conto di quanto naive sia, in fondo, mettere la questione puramente in questi termini. Perché se è vero che l’onestà è una questione pre-politica, è altrettanto vero che quando si vota lo si fa per ragioni politiche e non pre-politiche.

Spieghiamoci meglio. In questi giorni si fa un gran parlare di Luca Lotti e dei suoi presunti maneggi per influenzare la nomina del Procuratore Capo di Roma. Essendo Lotti un esponente di punta della squadra riformista del PD (i cosiddetti renziani), l’ala socialdemocratica, detta anche “la Ditta”, ne ha subito approfittato chiedendo a gran voce il suo allontanamento o addirittura la defenestrazione di tutta quella corrente. Lotti si è “autosospeso”: scopriremo nei prossimi giorni quali sviluppi avrà la vicenda, dato che per il momento il suo protagonista non è nemmeno indagato. Ammetto di non aver seguito più di tanto la faccenda: alla base di tutto ci sono alcune intercettazioni telefoniche, e queste ultime hanno sempre il problema di poter essere assai facilmente manipolate e fraintese, anche solo tirandole fuori dal contesto (se qualcuno ascoltasse certe mie telefonate credo chiederebbe il mio arresto immediato).

Il vero motivo del mio disinteresse, però, è un altro: ora che una vicenda giudiziaria o pseudo tale sta toccando uno schieramento politico che guardo con vicinanza e simpatia, sto realizzando che quello che deve interessarci quando si parla di politica sono anzitutto le idee e solo in seconda istanza le persone. Io in questo momento mi sento vicino al riformismo liberal-democratico, e quindi mi sento di sostenere coloro che lavorano per questa istanza particolare: che ci lavorino Luca Lotti o Pinco Pallino per quanto mi riguarda non fa molta differenza. E dirò di più: anche se Luca Lotti dovesse risultare colpevole di qualche strano comportamento ma continuasse a lavorare alacremente per il mio ideale, io non avrei problemi a sostenerlo politicamente. Entro certi limiti, ovviamente: se domani il mio politico ideale fa una strage sparando all’impazzata sulla folla, non credo mi sentirei di sostenerlo. Anche se durante l’ultima campagna elettorale americana Donald Trump a un certo punto affermò: potrei sparare a uno per strada e non perderei consensi. Vuol forse dire questo che il popolo dei votanti vuole farsi rappresentare da un assassino?

No. Vuol dire che quando si vota si cerca anzitutto rappresentanza ideale. I comportamenti personali, diciamo ‘privati’, del nostro candidato, hanno importanza fino a un certo punto: a muovere il voto è il potere dell’ideale. Che poi, a voler ben vedere, non è neanche una questione che riguardi solo la politica: chi rinuncerebbe a un amico perché una volta ha parcheggiato in divieto di sosta? O perché ha pagato in nero un idraulico? Se il rispetto delle Leggi non è il primo criterio che utilizziamo per costruire la nostra rete di rapporti sociali, perché dovrebbe esserlo per indirizzare il nostro voto?

L’autorità pubblica deve occuparsi del rispetto delle Leggi: ma è una questione che riguarda, appunto, l’autorità pubblica. Non si può chiedere che del rispetto delle Leggi si occupi il corpo elettorale: le elezioni hanno scopo e ragioni completamente differenti. Lo riconosce la nostra stessa Costituzione quando afferma la separazione dei poteri e stabilisce che i magistrati devono essere scelti non con il voto ma per concorso. Tutti ricordiamo le fallacie logiche di Berlusconi nei suoi maldestri tentativi di difendersi dalle accuse: io posso andare avanti perché mi ha eletto il popolo, i giudici non devono mettersi in mezzo perché loro hanno solo vinto un concorso. Questa è un’assurdità: è proprio il concorso a garantire l’indipendenza dei magistrati, che devono andare avanti a prescindere dal ruolo pubblico che ha la loro ‘vittima’. Quel che suo tempo mi sfuggiva, però, è che i giustizialisti alla Travaglio fanno lo stesso errore di Berlusconi ma in senso opposto: pretendono, cioè, che il popolo votante segua le indicazioni dei giudici.

Berlusconi, nel tempo della sua massima affermazione, incarnava in Italia il centrodestra moderato e liberale. Lasciamo perdere ora il fatto che non era per nulla moderato né liberale: questa era comunque l’immagine che aveva presso una buona parte dell’elettorato. Come si può chiedere a chi si riconosce nel centrodestra moderato e liberale di non votare per il proprio rappresentante principale perché ha dei guai con la giustizia? Cosa c’entra il fatto che il loro rappresentante abbia guai con la giustizia con la loro posizione politica? Se domani indagassero tutti quelli di sinistra allora dovrei diventare di destra?

Questo colossale equivoco di cui sono stato per tanti anni vittima è forse dovuto semplicemente al fatto che la mia generazione ha cominciato a occuparsi di politica al tempo di Mani Pulite, quando sui giornali le pagine politiche non erano altro che pagine di processi alla politica. Lo scontro non era sulle idee, ma su chi era colpevole e chi poteva farla franca. Ma la politica, per fortuna, è ancora una faccenda anzitutto ideale.

Non dobbiamo crucciarci perché gli elettori di Salvini lo sostengono pur avendo egli rubato 49 milioni e pur essendo egli un fancazzista: per quanto sia strano dirlo, che agli elettori di Salvini queste cose non interessino è un buon segno. Perché vuol dire che il lavaggio del cervello giustizialista dei tempi di Mani Pulite ha fallito, e che possiamo ancora permetterci di parlare di idee anziché di colpe punizioni. E se qualcuno ogni tanto ci riprova, per esempio perdendo tempo a parlare delle telefonate di Lotti mentre l’Italia è a un passo dal default, dobbiamo resistere alla tentazione del moralismo spiccio e riportare il discorso nel binario politico. Se vuoi fare i processi, vai a fare il magistrato: io non sono un giudice, sono un cittadino elettore. Non mi interessa che il mio rappresentante rispetti i commi degli articoli di Legge, mi interessa che rappresenti il mio ideale politico.


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