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Primarie PD: dichiarazione di voto

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April 28, 2017 by Mosè Viero

Domenica 30 aprile il Partito Democratico organizza le elezioni primarie per la designazione del Segretario Nazionale. Anche se si tratta di una operazione tutta interna al partito e quindi teoricamente estranea alle dinamiche globali della politica nazionale, in realtà è un evento che dovrebbe interessare tutti coloro che hanno a cuore le sorti della democrazia rappresentativa: pur con tutti i suoi (infiniti) limiti, il PD è, allo stato attuale, l’unica grande forza in grado di arginare l’urto distruttivo del fascio-populismo incarnato dal Movimento Cinque Stelle. Secondo tutti i sondaggi, Grillo rischia seriamente di vincere le prossime elezioni politiche: anche se in Italia non esiste l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, chi uscirà vincitore dalle primarie PD sarà con ogni probabilità anche il candidato premier “non ufficiale” dello schieramento progressista, quindi colui che dovrà organizzare la falange anti-populista.

Le elezioni primarie sono aperte a tutti e non solo agli iscritti al Partito: basterà recarsi al proprio seggio, che è in genere la sezione del Partito più vicina a dove si ha la residenza (la si può individuare accedendo al sito ufficiale della consultazione), e portare con sé la tessera elettorale e un documento di identità. È anche richiesto un contributo di almeno 2 euro per le spese organizzative. Tre sono i candidati alla Segreteria: Matteo Renzi, già Segretario del PD nonché Presidente del Consiglio del sessantatreesimo Governo della Repubblica; Andrea Orlando, già Ministro dell’Ambiente del sessantaduesimo Governo della Repubblica (Governo Letta) e Ministro della Giustizia nel sessantatreesimo e sessantaquattresimo Governo della Repubblica (Governo Renzi e Governo Gentiloni); e Michele Emiliano, già Sindaco di Bari e attualmente Presidente della Regione Puglia. L’elettore potrà anche indicare fino a tre candidati per l’Assemblea Nazionale del Partito, scelti tra quelli collegati al candidato Segretario: il voto sarà comunque valido anche se si sceglie semplicemente quest’ultimo.

Prima di dire cosa farò io domenica, farò un veloce commento all’unico confronto tra tutti e tre i candidati organizzato durante la campagna elettorale, svoltosi qualche giorno fa negli studi dello SkyTG24 e moderato dal giornalista Fabio Vitale (è possibile rivedere il confronto qui e qui). Non chioserò ogni singola domanda e risposta, ma solo quelle che ritengo più interessanti.

Con chi farà il nuovo governo il suo PD?
Tutti e tre i candidati condividono l’ovvia necessità di costruire una nuova legge elettorale dato che nella situazione attuale, con il cosiddetto Italicum bocciato dalla Corte Costituzionale, si profila una situazione di totale ingovernabilità. Emiliano e Orlando tengono fermo il punto del rifiuto delle larghe intese, che in teoria è giusto ma che in pratica talvolta restano l’unica opzione disponibile per non tornare immediatamente al voto. Renzi è il solo ad avere il coraggio di dire che eventualmente sarà il Parlamento a decidere cosa fare, ed è anche il solo a sostenere la necessità di una legge elettorale chiaramente maggioritaria. Il tema è molto complesso e il tempo dedicatovi nel confronto è chiaramente insufficiente, comunque vince Renzi.

Caso Alitalia: che fare?
Nessuno dei tre candidati ha la forza di dire che il carrozzone Alitalia, che è in crisi più o meno da quando nacqui, andrebbe liquidato senza tanti patemi d’animo. Quando ci sono in gioco tanti posti di lavoro, i voti in ballo sono troppi perché la politica prenda il coraggio a quattro mani. Qualcuno prima o poi però dovrebbe spiegare perché certe aziende hanno sempre il paracadute della salvezza con soldi pubblici e certe altre no. Orlando ed Emiliano fanno intendere che non avrebbero problemi a ‘salvare’ Alitalia buttandoci dentro altro denaro del contribuente: solo Renzi dice “no soldi pubblici”, ma anch’egli ribadisce che bisogna puntare al salvataggio, non si sa con che risorse. Nessuno mi ha convinto.

La riformulazione dell’Articolo 18 è stata una cosa di sinistra? Il Jobs Act ha funzionato?
Renzi difende le sue scelte e ricorda che il Jobs Act ha comunque prodotto nuovi posti di lavoro, anche se non in numero sufficiente. Emiliano e Orlando criticano l’impianto della Legge evidenziando il fatto che le nuove assunzioni si devono esclusivamente agli sgravi contributivi, che non potranno durare in eterno. Quella sull’Articolo 18 è stata una battaglia esclusivamente ideologica, che Renzi ha condotto per ribadire la sua vicinanza all’imprenditoria più che al sindacalismo tradizionale: per quanto mi riguarda è stata una scelta sicuramente sbagliata, almeno in termini di tempistiche (in un articolo di qualche tempo fa scrivevo quant’è importante per la sinistra agire non solo per ottenere risultati concreti ma anche per dare rappresentanza, e questo è stato un esempio plastico di come Renzi abbia incautamente demolito la sua rappresentatività a sinistra). D’altro canto, il puro conservatorismo incarnato da Orlando e da Emiliano non mi entusiasma: il mondo del lavoro cambia e devono cambiare anche le regole della sua organizzazione. Nessuno mi ha convinto.

Come ridurre il costo del lavoro?
Emiliano svicola e propone di istituire una tassa sui venditori online; Orlando afferma che occorre istituire una tassazione sovranazionale per inseguire i patrimoni che sfuggono al fisco e ricorda che è necessario procedere a una seria redistribuzione del reddito; Renzi ricorda i suoi mitici 80 euro e li descrive come la più grande redistribuzione del reddito mai fatta; segue siparietto di repliche incrociate sull’effettiva utilità di questi 80 euro. Nessuno ha realmente risposto alla domanda e nessuno mi ha convinto.

E se mettessimo una supertassa sui giganti del web?
Orlando si dice d’accordo sulla necessità di ridurre a ragione queste nuove potenze economiche, ma su base sovranazionale. Renzi ribadisce il concetto: se la tassa non è sovranazionale ha effetti controproducenti perché fa scappare tutti all’estero. Emiliano fa polemica spicciola con Renzi. Vincono Renzi e Orlando.

E se mettessimo una patrimoniale?
Renzi è ferocemente contrario, Orlando ed Emiliano sono possibilisti. Tassare i grandi patrimoni sarebbe in teoria giusto, ma ha ragione Renzi: al giorno d’oggi la ricchezza è virtuale e si sposta con un clic da un posto all’altro, ergo anche la tassazione sul patrimonio deve essere sovranazionale per avere un senso. Sarebbe stato interessante se la domanda successiva fosse stata: ci impegniamo per abolire i paradisi fiscali?

Testamento biologico: sì o no?
Tutti e tre i candidati concordano sul sì. Renzi sottolinea i passi avanti in termini di diritti civili fatti durante l’attuale Legislatura. Nulla da eccepire, per una volta.

Aborto e obiezione di coscienza: non si dovrebbe fare qualcosa per garantire l’accesso senza problemi all’interruzione di gravidanza?
Orlando è l’unico a dire che sì, l’obiezione di coscienza è uno scandalo e bene ha fatto Zingaretti ad assumere medici esplicitamente non obiettori. Renzi dà un colpo al cerchio e uno alla botte: bisogna applicare la 194 ma anche garantire l’obiezione di coscienza, nonché investire sull’educazione sessuale nelle scuole. Emiliano attacca con la giaculatoria reazionaria secondo cui l’aborto è una tragedia soprattutto per le donne: che un politico sedicente di sinistra usi questi argomenti è vergognoso. Vince Orlando a mani basse.

La Chiesa ha privilegi fiscali da ridurre?
I tre candidati sono tutti purtroppo pavidi e renitenti su questo tema. Renzi dice che bisogna dividere tra la Chiesa che aiuta la società e la Chiesa che fa business. Emiliano ciurla nel manico e inanella parole a caso sul fatto che la Chiesa comunque non ‘richiede’ privilegi fiscali (per forza: li ha già) e che conserva un grande patrimonio artistico (e quindi?) Orlando si dice d’accordo con Renzi. Nessun candidato mi convince.

Come gestire il problema dei migranti?
Il tema è complesso ma fortunatamente nessuno dei tre candidati solletica gli istinti razzisti dell’elettorato. Emiliano afferma che i migranti mantengono parti importanti della nostra economia e che vanno gestiti meglio i flussi e la sicurezza, ma senza scendere nel dettaglio. Orlando ricorda con orgoglio le migliaia di vite salvate dall’italia e polemizza con le uscite para-leghiste di Di Maio. Renzi polemizza con l’Europa che non ci aiuterebbe abbastanza su questa faccenda. Direi che vince Orlando.

Se un ladro le entrasse in casa e lei possedesse legalmente un’arma, cosa farebbe?
Orlando chiamerebbe la polizia e afferma, in fase di replica, che le armi vanno tolte e non date alla gente, e che non bisogna per nessun motivo far passare il concetto che il cittadino debba difendersi da solo. Emiliano ribadisce il concetto: non userebbe l’arma. Renzi diventa leghistoide e dice invece che sulla legittima difesa bisogna “fare di più”, presumibilmente depenalizzandola. E aggiunge una frase che dice moltissimo sulla sua concezione della politica: riformare la legittima difesa depenalizzandola non è cedere alla cultura securitaria, ma è semmai “mettersi in sintonia col sentire dei cittadini”. Orlando non ha approfittato di questo meraviglioso assist: quella affermata da Renzi è la quintessenza del populismo. Il politico serio cerca di educare i suoi elettori alla convivenza civile; viceversa, il politico populista dice alla gente ciò che la gente vuole sentirsi dire. Quando Renzi fa uscite come questa fa nascere bei dubbi sul fatto che la sua candidatura sia adatta a opporsi ai populismi. Vince Orlando a mani basse.

Musei e luoghi d’arte: come fare per conservarli e valorizzarli?
Renzi dice che c’è molto da fare ma che qualcosa si sta muovendo, e cita tra le altre cose l’aumento dei visitatori a Pompei. Emiliano dice che occorre facilitare gli interventi dei privati. Orlando afferma che serve assumere più giovani perché l’amministrazione dello Stato è anziana. In fase di replica, Renzi, ricorda la bontà del cosiddetto art bonus promosso da Franceschini. Purtroppo, nessuno dei tre candidati convince: il tema sembra estraneo ai loro interessi principali e manca del tutto la consapevolezza del valore civico e sociale, oltre che economico, del bene culturale.

Si può immaginare un’Italia fuori dall’euro?
Emiliano è contrario e anzi dice di volere un’Europa sempre più unita anche dal punto di vista del contrasto alla povertà e della gestione della sicurezza. Per Orlando parlare di Italia fuori dall’euro è follia e tabù: Orlando è anche l’unico a ricordare che l’Europa unita ha preservato la pace, concetto tanto semplice quanto dimenticato, ed è anche il solo ad affermare che dare colpe all’Europa e ai suoi burocrati è sempre, per un politico, una dichiarazione di incapacità e di impotenza. Renzi dice che è follia parlare di Italia fuori dall’euro, ma poi attacca con la sua litania consueta “Europa sì ma non così”, facendo propri tanti degli argomenti anti-europeisti tipici dei populisti. Segue scambio piccante con Orlando sui politici versus i burocrati. Non serve neanche dirlo: vince Orlando a mani basse.

Se emergesse che in Italia esistono candidati sostenuti da potenze straniere, cosa si dovrebbe fare?
Orlando dice che non si dovrebbero poter candidare perché “traditori della patria”, e aggiunge che prendere la Russia come modello di democrazia è da folli. Renzi dice che occorre essere più presenti sul web per contrastare le fake news e ribadisce la sua lontananza dal sentimento filo-russo che alberga in diversi partiti reazionari. Emiliano sta più sul vago e afferma che l’interesse nazionale deve sempre prevalere su tutto. La domanda avrebbe potuto scatenare riflessioni più profonde sull’internazionalismo nella politica contemporanea, ma nessuno coglie l’occasione. Vincono Renzi e Orlando, ma di poco.

Che poster aveva in camera a quindici anni e che poster metterebbe adesso?
Emiliano aveva Gigi Riva e adesso metterebbe Yuri Chechi perché si è rotto il tendine anche lui come Emiliano (!) Orlando aveva il poster di Berlinguer e Salvador Allende, oggi metterebbe quello di Nelson Mandela. Renzi aveva i poster di Baggio, dei Duran Duran e di Bob Kennedy, e oggi metterebbe quello di Obama. Queste risposte sono divertenti perché ribadiscono in forma di metafora l’identità di fondo dei tre candidati: simpatica e popolare per Emiliano, seriosa e politicante per Orlando, ‘leggera’ sia in politica sia nel resto per Renzi. La domanda ha ispirato parecchio il “popolo del web”, che ha prodotto vignette anche molto divertenti tipo questa che riporto qui.

Quindi, cosa farò? Come si nota, tra i tre sono più vicino senza dubbio alla sensibilità di Andrea Orlando. Quindi, la soluzione è ovvia: voterò Renzi.

In apertura scrivo che queste Primarie ci dovrebbero interessare anzitutto perché il vincitore dovrà vedersela con il potente esercito pentastellato: la battaglia, dunque, va vista in funzione della guerra vera e propria. In questo momento storico non possiamo permetterci di scegliere il candidato che incarni meglio la nostra visione progressista del mondo e della società, candidato che sarebbe senza dubbio Orlando: dobbiamo sostenere colui che ha la possibilità di sconfiggere il populismo. È evidente a tutti che è Renzi ad avere questa possibilità, più di ogni altro: se ne sono resi conto anche gli iscritti al Partito Democratico, che hanno già votato e hanno dato il loro sostegno, al 66,73%, all’ex Presidente del Consiglio. Qualche giornalista si è mostrato sorpreso da questo dato, e qualcuno ha affermato che ormai i non-renziani se ne sono tutti andati nel partito di Bersani e D’Alema. A mio avviso non è affatto così: io non credo che chi ha votato per Renzi condivida in toto il ‘renzismo’; probabilmente, anzi, sui singoli temi l’iscritto ‘tipico’ è più in sintonia con Orlando che con Renzi. Semplicemente, gli elettori del PD sono maturi a sufficienza da capire che avere un leader che “buca lo schermo” è fondamentale nella politica contemporanea. Certo, è molto triste che Renzi non esiti a far proprie alcune istanze tipicamente populiste pur di far breccia in quell’elettorato, dimenticando che alla copia si tende sempre a preferire l’originale. Sarà quindi fondamentale che, in previsione di una futura leadership renziana, nel partito vi sia un buon dibattito interno, che non sfoci però nella paralisi costante che si spera si sia risolta una volta per tutte con la dipartita degli scissionisti.

Lo so: sostenere uno come Renzi può essere davvero difficile per un sinistrorso duro e puro. Ma il concetto che oggi deve passare è che la guerra non è faccenda per signorine. Nelle prossime elezioni politiche non sceglieremo tra centrosinistra e centrodestra: sceglieremo tra democrazia rappresentativa, Europa, pace, fratellanza da una parte e populismo, violenza, razzismo, qualunquismo dall’altra. Non userà sempre le armi ideali, ma Renzi combatte dalla parte giusta della barricata, ed è l’unico che può vincere la guerra. Io lo sosterrò.


1 comment »

  1. Beppe Provasi says:

    caro Mosè ancora una volta concordo con la gran parte delle tue osservazioni; sei proprio bravo, vai avanti così;

    Il primo maggio sarò (credo come te) a festeggiare con gli Internazionalisti; anche su questo tema, l’internazionalismo, intendo, che sei tra i pochi a mantenere come riferimento politico, culturale e, credo, etico, sono con te.

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