La nostra parte dev’essere il mondo libero
6October 29, 2023 by Mosè Viero
Gli eventi del 7 ottobre non ci hanno sconvolto quanto avrebbero dovuto. In seguito a multiple azioni terroristiche di inaudita efferatezza, sono stati uccisi più di 1400 ebrei israeliani: è la più grande strage di ebrei dal tempo dell’Olocausto, e in proporzione è stato, per Israele, un trauma decisamente più grande di quel che è stato l’11 settembre 2001 per gli Stati Uniti.
Io l’11 settembre 2001 c’ero e ricordo molto bene il senso di paura, di sospensione, di incertezza che seguì gli attentati: la sensazione di aver assistito a un momento di svolta nella storia dell’umanità c’era tutta. In questi giorni invece stiamo assistendo all’ennesima replica del derby Israele VS Palestina, come se gli eventi del 7 ottobre non siano stati altro che un episodio come tanti dell’irrisolvibile, e quindi noioso, conflitto mediorientale.
A mancare, nella lettura che si dà dei fatti, è il contesto generale in cui sono avvenuti. Un contesto in cui si stanno chiaramente delineando i due fronti di quella che potremmo chiamare la seconda fase della seconda guerra mondiale: da una parte le democrazie liberali, dall’altra parte le dittature e le autocrazie. Dopo il 1989 ci eravamo illusi che si fosse arrivati alla “fine della Storia”: la potenza leader tra le autocrazie si era auto-dissolta, si sarebbe fatta via via penetrare dalla libertà proveniente dall’Occidente, e questa libertà avrebbe alla fine conquistato tutto il mondo. Ora è sempre più evidente che l’ebbrezza di quegli anni era come quella della Belle Époque: una illusione, appunto. Il mondo delle autocrazie ha pervicacemente resistito alla penetrazione delle libertà, e sembra ormai pronto a rivendicare il suo diritto alla riscossa. Un diritto che viene sbandierato anche e anzitutto sulla base di istanze storiche e culturali: come se il benessere e la libertà non debbano essere un diritto di tutti, ma siano anzi un problema nel momento in cui mettono in crisi abitudini e comportamenti consolidati. In un certo senso, potremmo dire che il motto delle autocrazie, dalla Russia all’Iran alla Cina, è: meglio poveri e senza libertà che diversi da come siamo.
Mi sento di dire che ci manca la lettura del contesto soprattutto perché mai come ora il progetto dello schieramento autocratico è stato così chiaro. L’aggressione russa all’Ucraina è stata la prima, clamorosa azione di avanzamento, atta a disgregare l’Europa, a testarne le capacità di comprensione e di reazione. L’attacco a Israele è l’azione numero 2, e ha come chiarissimo obiettivo quello di imporre una battuta d’arresto al processo di normalizzazione dell’area mediorientale, che ultimamente aveva fatto, nel disinteresse di gran parte dei nostri media, grandissimi passi in avanti. Era merito soprattutto degli accordi della cosiddetta Pace di Abramo, che stavano per essere firmati dallo stato leader del mondo arabo, l’Arabia Saudita, protagonista negli ultimi tempi di una fase di vero e proprio “rinascimento”. Adesso ovviamente occorrerà rimettere tutto in discussione: ma se tutto andrà come previsto dalle autocrazie quegli accordi diventeranno semplicemente carta straccia.
Quindi no, non siamo di fronte a una nuova fase dell’interminabile guerra tra Israele e Palestina: in futuro, probabilmente, si studieranno questi eventi come i primi passi della nuova guerra mondiale. E i decenni di pace che abbiamo vissuto saranno trattati come una specie di lunga pausa tra i due grandi conflitti tra democrazie e dittature.
Ha senso, in un contesto come quello appena descritto, ritirare fuori dalla soffitta i vecchi slogan ammuffiti nei quali il conflitto mediorientale era ripensato a uso e consumo dei nostri schieramenti interni? Ha senso ricominciare il minuetto della sinistra pro-Palestina a prescindere e della destra pro-Israele a prescindere? Ovviamente no. Ma non ha neanche senso sospendere il giudizio o provare a essere equidistanti. Non perché adesso non sia più vero che da quelle parti il più pulito c’ha la rogna, come si suol dire: potremmo criticare a ragione la politica di Israele per pagine e pagine, come potremmo condannare l’inazione e l’apatia delle autorità palestinesi per altrettanto spazio. Ma dobbiamo capire che adesso più che mai il campo d’azione è il mondo intero. E in questo campo d’azione noi dobbiamo essere dalla parte di Israele, senza se e senza ma.
Non solamente per i motivi che da sempre avrebbero dovuto farci solidarizzare con lo stato ebraico, a prescindere dal nostro schieramento: ovvero perché si tratta di uno stato democratico, per quanto scalcagnato; perché è l’unico posto nel Medioriente in cui si rispettano i diritti civili, in cui c’è libertà sociale ed economica. E nemmeno perché, in questo caso specifico, è la vittima di un attacco spietato che sta solo cercando di difendersi. Dobbiamo essere dalla parte di Israele perché lì Israele è come l’Ucraina: è l’avamposto del nostro schieramento globale, ovvero del mondo libero e democratico. Si badi, il mio non è un discorso pseudo-para-patriottico: non sto dicendo che “noi” siamo migliori di “loro”. Sto dicendo che i nostri sistemi politici ed economici sono non “migliori”, sono piuttosto gli unici possibili se vogliamo essere liberi e se vogliamo stare bene. Gli accidenti della Storia hanno voluto che la libertà si sviluppasse nella nostra parte di mondo: è nostra responsabilità difenderla e fare il possibile per diffonderla.
Nei momenti di grande rivolgimento e commozione, compito degli intellettuali e della classe dirigente dovrebbe essere mantenere la razionalità e il sangue freddo. Siamo invece circondati da (pseudo)intellettuali che per confondere le acque non fanno che parlare della sofferenza dei popoli: il problema maggiore, in questo momento, dovrebbe essere fermare la difesa israeliana per non far soffrire il popolo palestinese. Ma tutte le azioni di guerra causano morte e distruzione: e chiaramente a soffrire di più è sempre il popolino, dato che i ricchi e i potenti qualche modo per scappare o salvarsi spesso lo trovano. Dovremmo quindi non fare mai alcuna guerra? Sarebbe bellissimo, in teoria. In pratica, se non avessimo fatto la guerra al nazismo adesso probabilmente il mondo sarebbe tutto nazista.
Le quinte colonne delle dittature sfruttano questi paradossi per portare avanti il loro discorso. E il padre di tutti i paradossi è che solo alle democrazie si può chiedere di rendere conto delle loro azioni distruttive. A Israele viene chiesto continuamente di rispettare il diritto internazionale negli attacchi: ovviamente a nessuno viene in mente di fare questa richiesta a Hamas. Quando mai si è vista un’organizzazione terroristica che sgozza i neonati preoccuparsi del diritto internazionale? A Israele viene continuamente chiesto di pensare alla creazione di uno stato palestinese: a nessuno viene in mente di chiedere a Hamas o all’Iran di pensare alla sicurezza di Israele. Loro hanno nel loro statuto che vogliono la distruzione di Israele, come fai a chieder loro qualche garanzia? Al rispetto del diritto possono pensare solo le democrazie: quindi se il diritto non viene rispettato è sempre e solo colpa delle democrazie.
Chi cade vittima della dialettica che sfrutta questi paradossi è spesso solo un povero di spirito: ma se il problema fossero i poveri di spirito, basterebbero gli intellettuali a smascherare la truffa. Il dramma vero è che siamo pieni di opinionisti (politologi, cantanti, fumettisti) che hanno capito benissimo la posta in gioco, e che si schierano coscienziosamente dalla parte delle dittature. Perché lo fanno? È un tema molto complesso e non credo di avere gli strumenti per dipanarlo in modo soddisfacente. La mia impressione è che alla base ci sia la paura della libertà. La libertà richiede responsabilità e impegno: in un mondo libero siamo circondati da diversità che spesso ci scioccano, perché ci costringono a rimetterci continuamente in discussione. Le società irregimentate possono affascinare perché al loro interno non può esserci diversità e quindi non può nemmeno esserci ingiustizia. O meglio: c’è ingiustizia per tutti, quindi è come se non ci fosse per nessuno. Vivere in un mondo libero ti costringe a dover fare i conti tutti i giorni col fatto che esistono persone di successo, che evidentemente sono ‘migliori’ di chi quel successo non ce l’ha. È, questo, un pensiero insopportabile per tanti.
A tutti piace tanto riempirsi la bocca con la parola “libertà”. In questo momento più che mai possiamo vedere davvero chi è disposto a impegnarsi, addirittura in certi casi a sacrificarsi, per la sopravvivenza del mondo libero, delle sue contraddizioni e anche delle sue ingiustizie. Che sono mille volte preferibili all’alternativa.
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Analissi lucida e priva di preconcetti.
Che si tratti di giochi, musica o di argomenti seri leggerti è sempre un piacere per la presenza di numerosi spunti di riflessione
Grazie mille Nick Zich! È un piacere vederti anche qui! 🙂
complimenti per la lucidità e profondità di analisi. le chiedo se non prova mai a immaginare un mondo senza guerre, magari governato da una entità sovra nazionale?
Grazie Andrea!
Ci penso spesso: purtroppo l’ONU ha mostrato di non funzionare. In generale, nessuna entità simile funzionerà davvero finché non si arriverà a un momento storico in cui tutti i paesi del mondo abbracceranno la democrazia liberale come il migliore dei sistemi possibili. E mi pare che sia una prospettiva di lunghissimo periodo.
Elalla’ che bello sto Blog Mosè, vabbe’ che l’ho scoperto solo ieri durante una tua live (e poi ho visto che hai pure un sito “professionale” e ho così potuto scoprire che sei più giovane di me di alcuni mesi, quindi da oggi in poi ti chiamerò giovinastro!). Mi piace l’aspetto sobrio e il titolo veramente trash…. complimenti!
Tornando al tuo post devo dirti che sono perfettamente d’accordo con la tua analisi, nonostante io abbia aperto gli occhi solo di recente con l’invasione dell’Ucraina (oddio in realtà avevo già delle avvisaglie negli anni precedenti giunte da alcune associazioni e partiti e che frequentavo…). Il brutto è che sembra che non ci si renda conto della situazione, almeno nel nostro paese e dalla maggior parte delle persone che frequento, spero che le cose cambino a breve oppure avremo un brutto risveglio…
Il Più Antico, tu qui?!? Che onore! 😀
Mi piacerebbe scrivere di più qui, ma mi manca il tempo. Ho troppi progetti per la testa! E pensare che c’è gente che si annoia 😀
Io solo recentemente mi sono riposizionato su queste grandi questioni. Venendo da una famiglia storicamente di sinistra, per anni ho aderito alle posizioni di quella parte in maniera del tutto acritica. Il pacifismo, che in teoria parte da posizioni condivisibili per non dire ovvie, viene spesso strumentalizzato e usato dai prevaricatori per condannare le rappresaglie. Ma senza giustizia non può esserci pace: penso che tutti dovremmo interiorizzare questo semplice concetto.