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Il paradosso dell’elefante

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June 18, 2018 by Mosè Viero

C’è un aspetto trascuratissimo nel dibattito che la cittadinanza democratica sta portando avanti sulle cause che hanno condotto alla formazione del governo fasciopentaleghista: il ruolo che hanno avuto i grandi mezzi di comunicazione. Perché certo, quello che ci stiamo portando sul groppone è anzitutto il governo dell’internet, dei social, del “popolo della rete”, cioè delle “legioni di imbecilli”, per dirla alla Umberto Eco, che fino a qualche tempo fa potevano parlare al massimo al bar e che ora impestano con le loro idiozie tutto il mondo della comunicazione virtuale. Però va sempre ricordato che siamo uno tra i Paesi più digitalmente analfabeti d’Europa, e che se i mezzi di informazione tradizionali avessero fatto argine alla marea nera montante, forse non ci troveremmo con un Primo Ministro che ordina la schedatura dei ROM come ai tempi del nazismo.

Attenzione: non sto vagheggiando un qualche tipo di giornalismo militante che si schieri apertamente contro i poveri di spirito e i loro imbonitori. Basterebbe aver avuto, in campagna elettorale, quel minimo sindacale di attenzione per dati, numeri, fatti che dovrebbe distinguere un giornalista da un intrattenitore. La realtà, invece, è che il sistema informativo si è piegato quasi completamente alla logica dei populisti: non solo esponendoli mediaticamente, trattandoli con i guanti di velluto e lasciando che si abbandonassero a monologhi senza contraddittorio, ma anche e soprattutto accettando in toto il loro sistema di valori.

Questo è un punto essenziale, che quando parliamo di informazione e di propaganda spesso ci sfugge. Quando un giornalista intervista un esponente politico o commenta l’attualità, può certamente rintuzzare con sagacia le affermazioni più temerarie del suo interlocutore o cercare di smontare pezzo per pezzo le sue argomentazioni: ma può anche, anzitutto, ignorare quel che dice e chiedergli di parlare d’altro. Può, in altri termini, stabilire il campo in cui si svolge la discussione, a prescindere da quel che il politico di turno vorrebbe. Sembra che i nostri giornalisti siano quasi del tutto incapaci di adoperare questa fondamentale prerogativa di quel che dovrebbe essere la loro posizione terza: se sei ospite nel mio programma o nel mio giornale, cortesemente parli di quel che dico io e non di quello che vuoi tu.

Scendiamo più nel concreto. La Lega ha costruito gran parte del suo marketing elettorale su un’emergenza inesistente: l’emergenza immigrazione. L’Italia accoglie meno immigrati di quasi tutti gli altri Paesi europei, l’immigrazione clandestina è in costante calo (peraltro esiste immigrazione clandestina perché  immigrare legalmente è quasi impossibile per via della Legge cosiddetta Bossi-Fini) e la devianza criminale dei cosiddetti immigrati è tutto sommato paragonabile a quella della popolazione autoctona. Quindi di cosa stiamo parlando? Provate a immaginare un politico che appena gli si dà la parola inizia a parlare dell’emergenza unicorni sputafuoco. Come reagirebbe un giornalista normale? Ecco, di fronte a un politico che vuole parlare del “problema immigrazione” bisognerebbe reagire allo stesso modo. Dicendogli magari: la propaganda sui problemi inventati la fai sul tuo giornale di partito, qui parliamo di problemi veri. Cosa conti di fare, per esempio, per quel che riguarda i finanziamenti alla scuola e alla ricerca che in Italia sono tra i più bassi in Europa? Cosa conti di fare per sanare quella terribile ingiustizia o per meglio dire quel tremendo furto inter-generazionale che sono le pensioni retributive? Hai un piano per sforbiciare un po’ della burocrazia che blocca lo sviluppo del Paese? Come conti di arrivare a una completa de-tassazione del lavoro? Come conti di recuperare almeno un minimo di evasione fiscale?

Il punto fondamentale da comprendere è che nel momento in cui accetti un dibattito, anche per contraddire il tuo interlocutore, hai già accettato le premesse di quel dibattito. E se sono le premesse a essere false, il tuo interlocutore ha già vinto. Perché ti sta facendo discutere di un problema che non esiste e che serve solo per il suo marketing elettorale. Nel 2006, il linguista George Lakoff scrisse un libro, intitolato Non pensare all’elefante!, che si occupa proprio di questo problema. Dice Lakoff: generalmente, nessuno di noi passa il suo tempo pensando agli elefanti; ma se io quando interrogo i miei studenti premetto che durante l’interrogazione non devono in alcun modo pensare a un elefante, alla fine tutti penseranno all’elefante. La comunicazione politica delle destre è più efficace di quella delle sinistre per questo motivo: perché riesce a imporre il suo linguaggio. Ossia a farci pensare a cose a cui non penseremmo mai o quasi mai se dovessimo basarci sui dati oggettivi. Parlare di dati oggettivi, però, è faticoso: l’elettorato è composto in prevalenza da persone semplici, piene di paure meschine, convinte che la loro esperienza personale possa essere il metro con cui misurare i problemi del mondo. Perché impegnarsi duramente per risolvere i problemi veri quando si può semplicemente solleticare la paura o l’invidia dell’elettorato ingigantedone le istanze fino a farle diventare una vera e propria emergenza?

Ai deliri dei fascisti non si risponde dicendo che respingere donne e bambini è disumano: certo, è disumano, ma se si accetta questo dibattito si ha già perso. Una persona normale dovrebbe sentirsi idiota nel dire che respingere donne e bambini è disumano. Vi mettereste a discutere con uno sul fatto che respirare è una buona idea ed è giusto continuare a farlo? Il fascista abbassa il livello del dibattito e quindi della cultura e dell’intelligenza collettive anche così: costringendoci a dire cose ovvie, di cui non bisognerebbe neanche parlare talmente sono ovvie. Costringiamo i fascisti a misurarsi con i problemi veri: dato che i fascisti sono sempre anche incapaci, costringendoli a misurarsi con i problemi veri li inchioderemo alle loro responsabilità. Il giornalista del futuro risponderà al fascista preoccupato per l’immigrazione o per i ROM o per gli Ebrei o per i negri o per gli omosessuali ridendogli in faccia. E dicendogli: qui di unicorni sputafuoco non si parla, abbiamo passato tutti i sei anni di età. Abbia rispetto per il nostro pubblico e parli di problemi veri, se ne è capace.


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