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Il bug del pacifismo (ovvero: vogliamo un esercito dell’ONU!)

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February 22, 2022 by Mosè Viero

Le occasioni in cui si è urlato ai quattro venti che sta per cominciare la terza guerra mondiale sono state, in questi ultimi decenni, un po’ troppe: questo però non ci tranquillizza per niente. Quel che sta succedendo tra Russia e Ucraina, a poca distanza dalle nostre pacifiche metropoli europee, è davvero inquietante: soprattutto perché sta mostrando plasticamente la debolezza della compagine europea, del tutto incapace di prendere in mano la situazione e di reagire alle incontinenze dell’autocrate russo.

Ieri sera Putin si è prodotto in discorso che se non fosse un annuncio di guerra farebbe ridere a crepapelle. Il dittatore ha affermato placidamente che l’Ucraina è stata creata da Lenin, che fa parte della Russia da sempre, che l’influenza occidentale ne ha distrutto l’economia. Una quantità di idiozie tale da battere anche il peggiore studente di storia del mondo: e naturalmente il web ne ha subito approfittato.

Poi con la stessa nochalanche ha riconosciuto le “repubbliche” del Donbass e della Crimea: un modo come un altro per annettere quei territori, che non hanno alcuna identità etnica e culturale che li distingua dal resto dell’Ucraina, alla Russia.

Di fronte a questi comportamenti dissennati, che minacciano l’equilibrio e la pace a livello mondiale, l’occidente sta reagendo con incertezza e pavidità. Alcuni parlano di sanzioni economiche: sarà complicato metterle in atto, per due ordini di motivi. Intanto perché l’Europa è piena di quinte colonne del Cremlino: tre tra i maggiori nostri partiti, ovvero Lega, M5S e Fratelli d’Italia, sono putiniani di ferro. Anche l’opinione pubblica progressista, peraltro, fatica a mettere a fuoco la caratura criminale del dittatore russo: contro “l’imperialismo americano” si è sempre pronti a scendere in piazza, mentre su quello russo scattano sempre mille distinguo. In secondo luogo, l’Europa ha bisogno del gas russo: solo la Francia ha avuto l’intelligenza di ottenere una quasi totale indipendenza energetica grazie al nucleare, tutti gli altri aborriscono l’energia pulita dell’atomo e vanno in sollucchero col gas russo, che è sicuramente prodotto nel rispetto della natura (oh sì).

Ma il punto vero è un altro: se anche ci muovessimo come un sol uomo e imponessimo alla Russia sanzioni economiche in grado di metterli in mutande più ancora di come già sono, questo non cambierebbe poi molto la situazione. Certo, su Putin potrebbero esercitarsi pressioni da parte dei grandi industriali: ma i dittatori, da che mondo è mondo, non hanno particolarmente a cuore le sorti economiche del loro paese. Basti vedere com’è ridotta la Russia: è una delle nazioni più grandi del mondo e ha un PIL paragonabile a quello della Spagna.

Il punto vero è che se uno invade un altro paese con i carri armati, la risposta a base di sanzioni appare sempre come un ripiego, una mossa attendista, un tradimento degli accordi internazionali, che si basano sul riconoscimento di un sistema di diritti universale.

È, questo, il grande bug che vizia la presa di posizione dei pacifisti senza se e senza ma. Io mi sono definito pacifista per tanti anni, e sono orgoglioso di aver partecipato a tante manifestazioni, per esempio a quelle contro la base militare americana a Vicenza. Gino Strada amava ripetere: “Come si fa a evitare la guerra? Basta non farla”. Queste parole mi sembravano a suo tempo così chiare, nette e logiche. Il problema è che lo sono solo quando le giustapponiamo alla guerra vista come strumento di potere e di conquista. Le famose “operazioni di pace” ci sembravano un trionfo di ipocrisia perché intervenivano in contesti lontani e con obiettivi fumosi, che parevano nascondere mire anzitutto economiche. Ma cosa si dovrebbe fare quando un dittatore invade con le forze armate un paese confinante? Come si fa, in un caso come questo, a “non fare” la guerra? Lasciamo semplicemente che il dittatore conquisti tutto quello che vuole?

Il problema del rapporto tra i progressisti e la guerra va meglio focalizzato. Come in ogni paese civile esiste una forza di polizia che ha come compito sgominare i criminali (anche, se necessario, con l’uso della violenza) così è giusto e sacrosanto che esistano forze armate in grado di fermare autocrati e dittatori. A non essere ‘giusto’, semmai, è che le forze armate siano al comando dei singoli stati e possano quindi essere usate anche dai dittatori stessi una volta che questi prendono il potere.

Se vogliamo davvero evitare le guerre ingiuste, dobbiamo non sbandierare il nostro infantile “pacifismo”, quanto piuttosto porci come obiettivo la progressiva delega del potere militare agli organismi sovranazionali. L’orizzonte dev’essere un unico esercito sotto il comando dell’ONU: ma dato che verso l’orizzonte si procede sempre per piccoli passi, ora la cosa più saggia è chiedere a gran voce che venga creato un esercito europeo.

L’importante è che non crediamo di potercela cavare rivendicando il nostro essere “contrari alla guerra” mentre i trattati internazionali vengono calpestati e la dignità di una nazione viene devastata dalle azioni irresponsabili di un dittatore. Io voglio che qualcuno, a mio nome, fermi l’autocrate violento: proprio come voglio che le persone violente vengano messe dalla polizia in condizione di non nuocere.


1 comment »

  1. Nemo says:

    L’equivalenza che si propone nell’articolo, ovvero il poliziotto sta al criminale come un esercito ONU sta ad un dittatore, non regge.
    Le scale di misura non lo consentono, uno Stato è un sistema talmente complesso, e soprattutto di carattere collettivo, che paragonarlo all’entità di un solo essere umano è totalmente fuori logica.

    In secondo luogo, generalmente i dittatori sono al comando di nazioni povere a cui poco importa a nessuno (vedasi l’Africa) oppure sono al guinzaglio di nazioni estremamente pericolose dal punto di vista militare (vedasi Lukashenko e Kim Jong-un).
    Invadere la Corea del Nord equivale ad una guerra dichiarata direttamente alla Cina. Discorso analogo per la Bielorussia. Meglio evitare. Inoltre il mondo gira intorno agli interessi economici, non viviamo in una favola. A chi gioverebbe economicamente destituire un qualsiasi dittatore? Quale Stato spenderebbe soldi per permettere ad un popolo sottomesso di darsi un governo democratico? Nessuno. Questa è una semplice regola di vita. Chi vuole cambiare idea a 8 miliardi di persone tutte insieme, faccia pure. Io gli auguro buona fortuna. Gli USA ci hanno fatto credere di intraprendere missioni di pace in nome della difesa della democrazia, ma ciò che muoveva tutto era rappresentato dal denaro e dal bilanciamento degli equilibri geopolitici. E la narrativa si ribalta molto facilmente, vedasi il caso di Israele e Palestina. Tuttavia, meglio la vita sotto l’egemonia statunitense piuttosto che quella russa o peggio ancora cinese.

    Per quanto riguarda la debolezza dell’UE: l’Unione Europea non è uno stato federale, ma un ente economico. Esiste la NATO per affrontare le questioni militari. Mi sembra quasi inutile ma ribadisco l’ovvio: un attacco a Putin potrebbe scatenare un reazione nucleare. È vero sì che non è semplice lanciare un ordigno nucleare a causa della linea di comando e dei codici che rendono la procedura lunga e macchinosa, ma quando la sala dei bottoni è presieduta da un matto, tutto può accadere. Avendo un arsenale (stimato) di 4’500 ordigni, non è fantascienza pensare che un ristretto gruppo di gerarchi fanatici possa organizzare con una certa facilità il lancio anche di una sola arma atomica su qualche capitale europea. Dopo di ciò, le conseguenze sarebbero apocalittiche per chiunque.

    A fronte di questa osservazione, è necessario intervenire tramite sanzioni economiche, le quali peraltro sono state applicate repentinamente e gli effetti sono già tangibili sulle banche e sulla popolazione russa. Perfino la Svizzera ha abbandonato la sua storica neutralità. Il colpo è stato inferto, anche se a subirne gli effetti sono i poveri e non gli oligarchi (ma questa è la condizione umana).

    Per quanto concerne il gas: è vero che siamo alle dipendenze della Russia e che dovremo pagarne un prezzo, ma potrebbe dare una buona spinta per investire sull’indipendenza energetica. Perché è vero che l’energia atomica è stata ripudiata, ma è anche vero che tanti ambientalisti aborrono le pale eoliche che deturpano il paesaggio e i panelli fotovoltaici che rovinano (a detta loro) il suolo coltivabile. Magari è la volta buona che tutta questa gente si rinsavisca a partire dal prossimo inverno, quando avremo 5° C in casa se tutto va bene e dovremo vivere sotto tre strati di coperte di lana. La pandemia e adesso la guerra in Ucraina hanno dimostrato e stanno dimostrando i grandi difetti della globalizzazione. È giunta l’ora di porre rimedio.

    E dato che la Russia esporta solo petrolio, gas e vodka, è una politica giusta per farla tremare e metterla in ginocchio. Come diceva un sovrano francese, i cannoni vanno usati solo come ultima ratio.

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