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Sanremo Giovani 2018: le mie pagelle

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December 19, 2018 by Mosè Viero

Dice: ma come, pagelle di Sanremo già a dicembre? Ebbene sì. Quel mattacchione di Claudio Baglioni, direttore artistico della scorsa e della prossima edizione del Festival, ha deciso di innestare nella manifestazione una novità di dubbio gusto e di ancor più dubbia efficacia. Nel Festival vero e proprio non ci sarà più la sezione “Giovani” o “Nuove proposte” che dir si voglia: l’evento parallelo chiamato Sanremo Giovani, che si svolge il 20 e il 21 dicembre e che fino all’anno scorso serviva appunto a selezionare i partecipanti alla sezione, quest’anno si configura come una sorta di Festival a sé, nel quale gareggiano solo i Giovani. La sfida terminerà con due vincitori, che a febbraio entreranno di diritto tra i BIG, ma con un pezzo diverso e inedito.

Il meccanismo è discutibile soprattutto per via dei precedenti. Quando in passato i vincitori delle Nuove Proposte vennero infilati d’imperio tra i BIG i risultati furono disastrosi e imbarazzanti: chi è almeno della mia generazione ricorderà senza dubbio nomi quali i Jalisse o Annalisa Minetti. Sperando che questa volta vada meglio, andiamo ad analizzare i brani dei 24 concorrenti in gara. L’ordine è del tutto casuale; ogni recensione è corredata da apposito link al video ufficiale.


Cannella – Nei miei ricordi

Questo baldo giovane, all’anagrafe Enrico Fiore, macina musica già da anni: esordisce come rapper per poi passare all’indie rock e infine al pop più tradizionale. Il brano in gara è molto classico: la prima metà si muove tra voce e piano, la seconda lascia spazio a percussioni e archi, con ritornello aperto che punta sull’effetto tormentone. Il risultato è dignitoso ma banale e usurato.
Voto: 5
Video ufficiale


Diego Conti – 3 gradi

Esordiente ma non propriamente debuttante, Diego Conti ha collaborato in passato con Clementino e nel 2016 è stato tra i partecipanti a X Factor. Il pezzo in gara, scritto assieme al musicista inglese Mark Twyne, già autore delle colonne sonore di importanti film e videogiochi, è un brano sbarazzino ma ben costruito, dal sound moderno e stratificato. L’inizio col ritornello, caratteristico più del rap che del pop (e tipico proprio di Clementino), il bridge tra strofa e ritornello, gli scratch dell’inciso impreziosiscono la melodia, agganciandosi in qualche modo anche alla tematica, una classica celebrazione della passione ‘giovane’ e improvvisa.
Voto: 6
Video ufficiale


Cordio – La nostra vita

È caratteristica eminente di tanti esordienti produrre musica derivativa: come gli artisti in passato andavano a bottega da un maestro più anziano, così i cantanti hanno spesso un pigmalione che li accompagna nel loro esordio. Tutto sta nel non diventare una pura e semplice copia del modello. Pierfrancesco Cordio, che ha scelto il suo cognome come nome d’arte, è amico e collaboratore di Ermal Meta, del quale ha anche aperto i concerti nell’ultimo tour. Il pezzo in oggetto è esempio perfetto del rischio che corre chi è troppo ispirato da un collega: Cordio non ha solo confezionato un brano che ricorda la produzione classica di Ermal Meta, ma ha anche una voce e un approccio interpretativo del tutto simili a quelli del vincitore della scorsa edizione del Festival. Più che un suo epigono, potrebbe sembrare un suo imitatore. Il brano, d’altro canto, non ha alcun guizzo particolare né dal punto di vista lirico né da quello più strettamente musicale.
Voto: 5
Video ufficiale


Einar Ortiz – Centomila volte

Questo venticinquenne di origine cubana proviene dalla scuderia di Amici e porta in gara un pezzo dal sound trascinato e dolente, sullo stile di Tiziano Ferro. La strofa dimessa convince di più del ritornello, incanalato su binari più tradizionalmente pop. La tematica, il classico amore finito tragicamente, è svolta con quei toni apocalittici che a noi anziani sembrano irresistibilmente comici sulla bocca dei ventenni. Suvvia Einar, se la tua ultima squinzia ti ha mollato non è detto che il mondo stia per finire.
Voto: 5
Video ufficiale


Fosco 17 – Dicembre

Luca Jacoboni, in arte Fosco 17, è un simpatico giovane bolognese, giunto a Sanremo senza avere alle spalle alcun talent né alcun famoso pigmalione. Il pezzo da lui portato in gara è classico e inoffensivo pop sintetico, anche in questo caso vicino a certe atmosfere tipiche delle moderne sonorità alla Tiziano Ferro: l’arrangiamento è ben curato e le liriche mostrano un minimo di originalità nel tentativo di calare nel quotidiano giovanile gli accenni sentimentali.
Voto: 5,5
Video ufficiale


La Rua – Alla mia età si vola

Ci sono almeno un paio di partecipanti a questo Sanremo Giovani che avrebbero meritato l’ingresso diretto tra i BIG, e uno di loro è sicuramente questo gruppo pop-folk marchigiano, con già alle spalle un paio di album e la partecipazione a varie kermesse, tra cui Amici e due altre edizioni di Sanremo Giovani, nonché, e questa è la vera prova del fatto che siamo di fronte a dei BIG, un duetto con Cristina D’Avena per il brano È quasi magia Johnny. Il brano in oggetto è esempio classico della produzione di questo ensemble, il cui stile ricorda quello dei Modena City Ramblers dei tempi d’oro: trattasi di una irresistibile marcetta dalla strofa quasi parlata e dal ritornello opportunamente melodico. Nulla di particolarmente originale, ma se non altro lo stile ha una sua identità che lo distingue chiaramente da tutti gli altri pezzi in gara.
Voto: 6
Video ufficiale


La Zero – Nina è brava

Manuela Zero è una cantante e attrice napoletana che rispetto agli altri partecipanti alla gara è più stagionatina, essendo classe 1984. Il suo pezzo mostra in modo lampante la maturità dell’autrice ed è una boccata d’aria fresca dal punto di vista del soggetto: in un mare di stucchevoli canzoni d’amore, Manuela affronta lo scottante tema delle madri in carcere e dei loro figli costretti a scontare una colpa che non hanno. Quando si toccano tematiche siffatte il rischio è, dal punto di vista lirico e compositivo, altissimo: la possibilità di dar vita a predicozzi insostenibili (tipo Stiamo tutti bene di Mirkoeilcane dello scorso anno) o a operazioni palesemente paracule (tipo, ancora dello scorso anno, il pezzo vincitore, Non mi avete fatto niente) è sempre assai concreta. La Zero svicola abilmente da questi precedenti costruendo un brano multiforme, che alterna momenti parlati alla Faletti a parti cantate dalla melodia semplice ma ben costruita. La natura diseguale del pezzo emerge anche dal punto di vista del ritmo, lentissimo nei momenti riflessivi e concitato in quelli angoscianti, che si permettono anche il lusso di abbandonarsi a un mai così discreto dialetto napoletano. Nina è brava è allo stesso tempo dolce e rabbioso, introverso ed estroverso, e riesce a mantenere questa dualità con equilibrio mirabile, anche dal punto di vista puramente lessicale. A mio parere, è il migliore tra i pezzi in gara.
Voto: 8
Video ufficiale


Le Ore – La mia felpa è come me

Quello che va sotto il nome “Le Ore”, assai evocativo per gli uomini di una certa età, è un duo composto da due ragazzi delle parti di Viterbo, Francesco Facchinetti (non c’entra con l’omonimo più famoso) e Matteo Ieva. A Sanremo “Le Ore” portano un pezzo che è ennesima incarnazione di quel pop moderno e sintetico condotto ai massimi livelli, in Italia, dal solito Tiziano Ferro. La mia felpa è come me è un pezzo semplice e orecchiabile, buono per i passaggi radiofonici ma forse meno per fungere da pietra d’inizio di una sfolgorante carriera.
Voto: 5
Video ufficiale


Mahmood – Gioventù bruciata

Questo cantautore di origini egiziane è un volto noto per chi segue il panorama musicale giovane italiano: partecipante di X Factor nel lontano 2012, ha già calcato il palco sanremese nel 2016 con il brano Dimentica. Rispetto a quest’ultimo pezzo, più barocco dal punto di vista dell’arrangiamento, la canzone in gara quest’anno è trattenuta e monocorde e punta maggiormente sull’effetto ipnotico dato dalla voce bassa e fin troppo profonda del performer (che a tratti sembra più sbadigliare che cantare). Le liriche affrontano il tema con continui rimandi al background culturale e geografico dell’interprete, nel tentativo esplicito di sublimarlo nell’autobiografismo. L’operazione riesce solo in parte, soprattutto a causa di riferimenti talvolta eccessivamente artefatti (“C’è qualcosa che non capisco / come fare un tuffo nel Mar Rosso”).
Voto: 5
Video ufficiale


Marte Marasco – Nella mia testa

Questa giovane ragazza milanese, all’anagrafe Marta, arriva da Amici ma ha dalla sua l’essere stata appena assoldata dalla Sugar di Caterina Caselli, casa discografica che raramente sbaglia un colpo. Il brano che MM porta in gara è una simpatica filastrocca volutamente stucchevole e infantile, al cui confronto la Sincerità di Arisa prima maniera sembra un pezzo di De Andrè. Le liriche si esauriscono in un elaborato elenco di ricordi e suggestioni messi insieme con l’obiettivo di descrivere una identità incerta, al tempo stesso impaurita e sfacciata. L’irresistibile inciso più che fungere da ritornello ha il compito di tenere assieme le strofe e i bridge, più sfuggenti dal punto di vista melodico. Quando la vocina della cantante viene lasciata libera dal tappeto musicale si mostra peraltro più capace e caratterizzata, fino a ricordare certe prove dell’ingiustamente sottovalutata Meg. Nella mia testa è acerbo e può giungere rapidamente a noia, ma cela promesse che forse avranno seguito in futuro.
Voto: 7
Video ufficiale


Wepro – Stop/Replay

Wepro è pseudonimo del giovane salentino Marco Castelluzzo, che col suo nome di battesimo partecipò all’edizione 2011/2012 di Amici. Il pezzo in oggetto è una cavalcata elettro-pop caratterizzata da quell’ipnotismo monocorde ormai già leggermente retrò, sullo stile dei Subsonica. Il ritornello, con sospiro ed elenco di verbi al presente indicativo, è curioso, ma non basta a sollevare il brano da una certa medietà di fondo.
Voto: 5,5
Video ufficiale


Nyvinne – Io ti penso

Nyvinne Pinternagel è incarnazione perfetta del multiculturalismo delle nuove generazioni, quello contro cui stanno combattento (invano) i nazionalisti e i populisti. Di origine mista italiana e marocchina, Nyvinne è nata in Lussemburgo ma vive da anni in Italia, a Domodossola (città che inizia per D, ndr). Il pezzo portato in gara da questa giovane poliglotta è una avvolgente ballad dalla strofa sussurrata che si apre nel bridge per poi esplodere in un inciso particolarmente accelerato. La voce ha le tipiche venature ‘sporche’ che caratterizzano le etnie miste: il primo esempio che viene in mente è Malika Ayane, anch’ella italo-marocchina, ma in questo caso la vicinanza maggiore è con l’italo-algerina Karima, che i più attenti ricorderanno in gara a Sanremo tra i Giovani nel 2009 con il brano Come in ogni ora. Il problema è che nel caso di Nyvinne la voce, potenzialmente interessante, viene ‘buttata via’ da un approccio interpretativo eccessivamente suadente, tanto da far sembrare che la cantante biascichi anziché parlare. Il pezzo, non memorabile, non aiuta a far emergere un talento che mostra chiari problemi nel trovare una propria dimensione sufficientemente equilibrata e ‘centrata’.
Voto: 5
Video ufficiale


Symo – Paura di amare

Anche Simona Barbui, in arte Symo, è di etnia mista: la mamma è etiope e il papà eritreo. Questa volta però il mescolamento di caratteri non ha dato vita a una voce memorabile come nei casi elencati qui sopra: Symo ha l’aspetto di Aretha Franklin ma la voce di Memole, e sembra per giunta del tutto incapace di calibrare le tonalità del suo strumento. La classica ballad su cui questa vocalità incerta dovrebbe dispiegarsi non è neanche male dal punto di vista strettamente melodico e in mano a una Giorgia probabilmente darebbe soddisfazioni. Ma qui c’è davvero tanto lavoro da fare a livello di studio e di padronanza dei propri mezzi.
Voto: 4
Video ufficiale


Giulia Mutti – Almeno tre

Questa bella ragazza della Versilia si presenta in gara con un brano dal sound moderno, aggressivo e distorto, che ha il grande merito di utilizzare al meglio le atmosfere disegnate dall’arrangiamento per sorreggere il tema affrontato dalle liriche. La rivendicazione d’orgoglio davanti alle avversità della vita, peraltro, è svolta tramite versi abbastanza ingenui, anche se merita plauso la trovata attorno a cui è costruito l’inciso (“per ogni volta che / ho dato senza avere / ora ne voglio tre, almeno tre”). Si può fare di meglio, ma Almeno tre è un pezzo coinvolgente e trascinante, ed è anche arricchito da un interessante videoclip girato nel Palazzo Rosso di Genova.
Voto: 6
Video ufficiale


Andrea Biagioni – Alba piena

Questo barbuto trentenne è volto noto agli spettatori di X-Factor, avendo partecipato a quel talent nel 2016. Ora si presenta a Sanremo con un pezzo minimalista, quasi esclusivamente costruito attorno a voce e chitarra, con la seconda parte e lo special sorretti da un cospicuo parterre di archi. Le atmosfere rimandano al cantautorato degli anni Settanta, da Dylan a De Gregori; il testo, dal canto suo, alterna momenti caratterizzati da poetica pseudo-fossatiana riuscita solo in parte (“Verità non essere / gelosa che io sia un’alba piena”) a momenti di fraseggio più onesto e apprezzabile (“Mentre tu ricominci la lotta io mollo la presa / dentro a questi confini non saremo felici mai”). Il risultato finale non è disprezzabile, ma a tratti si ha l’impressione che le doti del Biagioni non siano sufficienti a sorreggere un impianto che dà tanto peso alla voce.
Voto: 6
Video ufficiale


Ros – Incendio

Anche questo terzetto di Montepulciano, capitanato dalla rosacrinita Camilla Giannelli, esce immancabilmente da X-Factor. Il loro pezzo è rock classico a ventiquattro carati, costruito su chitarre e batteria e arricchito da una voce chiara e limpida. Il testo ha la giusta aggressività richiesta dall’operazione, anche se il fraseggio è inserito nella melodia a fatica, tanto che gli accenti sono quasi sistematicamente sbagliati, un po’ alla Max Pezzali. Musicalmente comunque Incendio funziona piuttosto bene, e conferma come certe formule pur classiche se non ‘antiche’ hanno una propria freschezza perenne, capace di passare sopra alle mode passeggere.
Voto: 6
Video ufficiale


Federica Abbate – Finalmente

Giudicare un pezzo come Finalmente è complicatissimo, almeno per il sottoscritto. Qui cercherò di spiegare il perché, ma siate avvisati: ci vorrà un po’ di tempo.
Prima però è necessaria una premessa. Il fatto che Federica Abbate sia stata inserita nella gara dei Giovani rende evidente quanto sia sciocca e artefatta questa divisione in categorie. Certo, anagraficamente la Abbate è giovane (è del 1991): ma Leopardi scrive L’infinito a vent’anni, e la ragazza di cui stiamo parlando, si parva licet, è già una autrice celeberrima, dal curriculum più lungo di quello di tanti BIG. La Abbate ha scritto quasi interamente gli ultimi album di Fiorella Mannoia e di Eros Ramazzotti, ha collaborato con Fedez, Emis Killa, Noemi, Giusy Ferreri, Arisa, Levante e ha dato vita a hit che hanno segnato anche la storia recente del festival di Sanremo (Nessun grado di separazione per Francesca Michielin, Il diario degli errori per Michele Bravi). È un po’ come se Mogol adesso cominciasse a cantare e siccome come cantante è esordiente lo mettessimo tra i giovani. Come on.
E ora passiamo al brano in gara. Per spiegare perché mi trovo in difficoltà farò un rapido excursus. Nella storia dell’arte, esistono due grandi categorie di artisti: i grandi maestri, in genere caratterizzati da un linguaggio originale, di rottura, un linguaggio così rivoluzionario da rimescolare le carte, ponendosi come pietra d’inizio di un nuovo corso; e i manieristi, coloro che, prendendo d’ispirazione i grandi maestri, si muovono sui binari di un linguaggio stabile e accettato, magari limandone le imperfezioni e portandolo verso la perfezione assoluta. Ebbene, nella musica c’è un dualismo simile: e visto che la vita è breve, l’esperto in genere si concentra, al netto di qualche sua ossessione particolare, solo sui grandi maestri, tralasciando i cantanti di maniera. D’altra parte, però, quando la maniera è così perfettamente levigata da raggiungere il sublime, anche chi in genere predilige gli artisti d’avanguardia deve togliersi il cappello e riconoscere la maestria dell’autore. Ecco, questo è precisamente ciò che succede davanti a un pezzo come Finalmente: un brano di pop italiano moderno puro come l’acqua di fonte, messo insieme seguendo una formula di esattezza millesimale, a confermare che la penna di Federica Abbate è in un autentico stato di grazia, simile a quello in cui si muoveva il Giuliano Sangiorgi di qualche anno fa. Ogni mattone concorre alla perfezione formale dell’insieme: la delicatezza della strofa, il rapido incedere in crescendo del bridge, col rullo di tamburi a preparare il ritornello, e infine quest’ultimo, che esplode dopo l’apposita brevissima pausa; da notare anche l’appropriatezza dello scartamento della seconda strofa, più concitata della prima ma con andamento più calante, e infine la consueta disegualità data dal sollevarsi del tappeto sonoro con l’inizio del secondo inciso. Personalmente apprezzo molto anche l’assenza del famigerato specialino, col finale risolto, più razionalmente, per via orchestrale. Le liriche, incentrate sul tema della rivendicazione della propria identità (il videoclip sembra rimandare soprattutto all’identità sessuale, ma il testo in sé è più generico), completano l’impalcatura senza soverchiarla, mantenendo un tono di colloquiale normalità senza mai scadere nel triviale.
Detto questo, siamo pur sempre di fronte a un brano pop classicissimo, dove nulla di particolare fa gridare al miracolo: la Abbate è infatti autrice soprattutto di cantanti di grande richiamo ma non particolarmente osannati dalla critica, ottimamente esemplificati da un nome come Eros Ramazzotti. In altri termini: questo è puro pop di maniera, dove non c’è niente di rivoluzionario, o niente, più semplicemente, che fa accapponare la pelle durante l’ascolto. Però questo pop di maniera è semplicemente perfetto. E credo che anche il più altezzoso dei critici, come per esempio il sottoscritto, debba riconoscerlo.
Voto: 8
Video ufficiale


Francesca Miola – Amarsi non serve

La giovane veneziana Francesca Miola si presenta in gara con un brano dall’intimismo avvolgente ed elegante, il cui arrangiamento evoca atmosfere che sembrano una versione 2.0 di quelle che si respirano nelle ballad pop-soul degli anni Novanta, tra Mariah Carey e Toni Braxton (c’è anche il classico schiocco di dita, immancabile nei ‘lentazzi’ di quegli anni). La voce dell’interprete è interessante ma sulla strofa è forse eccessivamente monocorde e ‘tappata’. Sufficienza risicata.
Voto: 6
Video ufficiale


Roberto Saita – Niwrad

Di origini siciliane ma cresciuto in Svizzera, Roberto Saita porta in gara un brano che sulla carta è molto interessante, dal punto di vista del tema. L’autore vola alto, o almeno ci prova: come diceva “il suo amico Carlo” (Charles Darwin, evocato anche dall’enigmatico titolo), le specie si evolvono continuamente; ma questo può farci erroneamente pensare che “più complesse son le cose più sono evolute”, mentre non sempre è così. Le cose belle della vita sono semplici, e per di più, aggiungerei, gratuite. Il problema è che non basta la citazione dotta per volare alto davvero: per magnificare “aa sempliscità” è sufficiente l’imitazione della Ferilli fatta da Francesca Reggiani, anche senza scomodare il buon Darwin. Dal punto di vista puramente estetico, poi, il Saita ripropone un sound assai familiare, soprattutto per chi è fan di Pino Daniele: sfidiamo l’ascoltatore che ne sa a non partire istintivamente con l’incipit di Dubbi non ho appena attacca Niwrad. Peccato: le buone idee sono rimaste sulla carta.
Voto: 5
Video ufficiale


Fedrix & Flaw – L’impresa

Quando ascoltai questi brani per la prima volta, quello di Fedrix & Flaw quasi mi rincuorò: è quasi indispensabile che in ogni Sanremo ci sia almeno un pezzo spudoratamente trash, se non altro per far divertire il pubblico più consapevole. Per cercare di definire questa imbarazzante canzoncina che farebbe ridere anche all’oratorio, userò una similitudine. Chi era tra gli spettatori dell’edizione del 2001 del Festival (che è tra l’altro particolarmente amata dagli appassionati in quanto prima edizione commentata in radio dalla Gialappa’s Band) ricorderà forse i mitici Francesco Boccia e Giada Caliendo, che tra le nuove proposte spopolarono, in negativo, con la loro famigerata canzone Turuturuturu. Ecco, basti dire che, in confronto a L’impresaTuruturuturu sembra una canzone vera. È tutto, vostro onore.
Voto: 1
Video ufficiale


Sisma – Slow motion

I Sisma sono un duo composto dal trombettista Arturo Caccavalle e dal bassista Daniele De Santo, entrambi ventottenni. L’incipit di Slow motion non fa ben sperare: sembra l’inizio di un pezzo di Scialpi degli anni Ottanta. Col prosieguo, però, la canzone migliora considerevolmente: gli urletti e gli ammiccamenti continui hanno un senso dal punto di vista dell’equilibrio musicale, e la condotta lirica allinea ottime trovate anche solo dal punto di vista della pura sonorità, con una particolare predilezione per spericolate allitterazioni (“Sono scosso dalla scossa che m’è entrata nelle ossa / ma non posso rinnegare la mia mossa che di fatto / ha scavato la mia fossa”) e un certo gusto per l’autoironia. Il ritornello svecchia il sound tramite appositi innesti di chitarra elettrica, e lo special rappato, che ricorda Caparezza, conferisce al brano una caratterizzazione diseguale e contemporanea. Ci è piaciuto.
Voto: 7
Video ufficiale


Deschema – Cristallo

Questa band senese si mostra assai promettente per le sorti future dell’elettro-rock italiano contemporaneo. Il pezzo portato in gara a Sanremo è una solida ed energica cavalcata su sonorità classiche e per certi versi sempreverdi: la strofa lenta e suadente lascia posto, dopo apposita pausa di sospensione, a un inciso tutto costruito su batteria e chitarra elettrica e architettato attorno a un poderoso “NO!”, che regola il registro anche dal punto di vista puramente lirico. Niente di eccezionale, ma il brano è piacevole e l’interpretazione convincente.
Voto: 6
Video ufficiale


Mescalina – Chiamami amore adesso

I Mescalina sono una band campana il cui nome ha una doppia ragione: da un lato rimanda a una potente droga, dall’altro mescola i nomi delle località di Melito e Scampia, tra le quali si trova lo studio di registrazione del gruppo. Il pezzo in gara si inserisce nel percorso ormai consueto tracciato dal pop giovane contemporaneo inaugurato, ormai una ventina di anni fa, da Le Vibrazioni. Siamo dalle parti di Sarcina & co. anche per quel che riguarda l’approccio interpretativo, fin troppo furbo e ammiccante. Il risultato finale, comunque, è sufficientemente credibile e la formula per quanto consunta è applicata con appropriatezza e misura.
Voto: 6
Video ufficiale


Federico Angelucci – L’uomo che verrà

Federico Angelucci è stato, come si suol dire in questi casi, “ripescato”: inizialmente infatti non era stato ammesso alla gara, ma vi è entrato in seguito all’eliminazione di Laura Ciriaco (parliamo meglio dello spiacevole episodio più avanti). Angelucci è, più che un cantante, un personaggio televisivo: già vincitore di Amici, è noto al pubblico della TV nazional-popolare per via delle sue performance in quella baracconata trash scandalosamente pagata con soldi pubblici nota come Tale e quale show. Il pezzo in gara è una innocua canzone di stampo tipicamente sanremese: all’intro col pianoforte segue una delicata strofa alla quale si giustappone un melodico ritornello, forse fin troppo trattenuto viste le doti apparentemente virtuosistiche dell’interprete. Laura Ciriaco ci piaceva mooooolto di più.
Voto: 5
Video ufficiale


Excursus: il caso Laura Ciriaco

Quando vennero annunciati per la prima volta i 24 finalisti per Sanremo Giovani 2018, tra di loro c’era anche Laura Ciriaco, già concorrente di The Voice of Italy, con il brano intitolato L’inizio (video ufficiale).Nei miei primi ascolti della tracklist, il pezzo di Laura Ciriaco emergeva con una certa energia e originalità: il brano ha una strofa dimessa suddivisa in ‘stanze’ auto-conclusive e si apre con un ritornello potente e caratterizzato, che permette alla voce profonda e quasi maschile dell’interprete di dispiegarsi con forza e che sembra costruito per sfruttare al massimo l’orchestra. Anche la ricerca puramente lessicale è degna di menzione: il brano utilizza un linguaggio pulito e diretto, con momenti di assertività potente e definita (“Mi hai raccolto a un minuto dalla fine”; “Tu sei l’inizio della vita che vorrei”).
Purtroppo qualche giorno fa il brano è stato squalificato, con questa motivazione che cito testualmente:

L’Organizzazione del Festival-Direzione di Rai1, sentito il parere dell’ufficio Legale aziendale e dopo un’accurata perizia dei propri settori tecnici e musicali, ha provveduto all’esclusione del brano di Laura Ciriaco, L’inizio, in quanto presenta importanti analogie e similitudini con il brano I won’t give up, dell’artista statunitense Jason Mraz, tali da escluderne il fondamentale requisito di novità (brano inedito) ai fini del regolamento della manifestazione.

La decisione della giuria non è certo campata in aria: L’inizio sembra quasi una cover di I won’t give up (video ufficiale), canzone che personalmente non conoscevo e che ho scoperto solo in seguito a questa storiaccia. La Ciriaco ha ‘risposto’ tramite un video sulla sua pagina Facebook in cui afferma di essere stata lei stessa a chiedere il parere della giuria riguardo alle similitudini tra i due brani, asserendo però di non aver mai sentito il pezzo di Jason Mraz prima della denuncia del presunto plagio. Va detto però che la Ciriaco non è l’unica autrice del brano, e che quindi uno degli altri autori potrebbe averle giocato un brutto scherzo. Quali sono le possibilità che due canzoni vengano così simili per puro caso?
La vicenda lascia l’amaro in bocca, soprattutto perché tocca un brano molto curato sotto ogni aspetto e portato in scena da un’interprete dotata e interessante. Speriamo che in futuro Laura abbia un’altra possibilità come questa e riesca a sfruttarla senza intoppi.


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