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Lo sciopero di Miss Italia

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October 25, 2019 by Mosè Viero

Oggi, venerdì 25 ottobre 2019, c’è sciopero generale di 24 ore indetto dalle sigle sindacali CUB (Confederazione Unitaria di Base) e SGB (Sindacato Generale di Base). L’Italia è in subbuglio, soprattutto per via degli stop incrociati a treni e trasporto pubblico locale. Il sottoscritto, che è un privilegiato residente e lavoratore a Venezia, si è accollato un paio di passeggiate in sostituzione del consueto vaporetto, ma non per tutti è stato così semplice: e anche in Laguna non sono mancati contrattempi di ogni tipo.

Fino a qualche tempo fa ero rincretinito dall’ideologia e supportavo ogni sciopero a prescindere: come può il glorioso sindacato, soprattutto se “di base”, avanzare pretese o motivazioni scorrette? Può forse un giovane di sinistra non dare il suo appoggio incondizionato alla lotta del lavoratore contro il suo bieco padrone?

Per fortuna oggi sono guarito. Quindi posso leggermi con serenità le motivazioni dello sciopero per decidere se il disagio da esso causato ha una sorta di contropartita pratica o almeno ideale. Ecco il ‘manifesto’ dell’agitazione, preso dai siti delle due sigle di cui sopra:

Per l’aumento dei salari, delle pensioni e salario medio garantito, per la riduzione delle aliquote fiscali su salari e pensioni, per il recupero dell’evasione fiscale e istituzione della patrimoniale, per la riduzione dell’orario settimanale di lavoro a parità di salario, per il superamento del Jobs Act e dei contratti precari, per un piano nazionale di risanamento e difesa dell’ambiente e del territorio, per la pensione a 60 anni o con 35 anni di contributi, contro l’accordo truffa del 10.1.2014 e per la libertà di sciopero, per la rappresentanza sindacale con elezioni libere, democratiche, contro i decreti 1 e 2 di Salvini, per il diritto alla salute, alla scuola, alla mobilità politica e alla sicurezza sul lavoro, contro le guerre interne ed esterne, nonché contro le spese militari, per abolire le diseguaglianze salariali, sociali, economiche, di genere e quelle nei confronti degli immigrati, per la regolarizzazione di tutti gli immigrati, Ius soli, no ai respingimenti, chiusura CPR.

Non si può certo dire che i sindacati di base difettino di prospettiva: come qualcuno ha osservato, manca solo la pace nel mondo. Peccato che in questo manifesto c’è molto poco anzi nulla di ‘tecnico’ e tanto di astratto: più che la motivazione di uno sciopero, potrebbe essere il manifesto programmatico di un partito. Di un partito che potremmo scommettere sarebbe del tutto inconcludente sul piano dei risultati, data la confusa mescolanza, tra le istanze evocate, di posizioni progressiste e reazionarie, ammonticchiate con l’arrogante noncuranza tipica del populismo più becero.

Analizziamo il delirio più nel dettaglio. Nella prima parte si parla di lavoro, con proposte dal retrogusto sovietico, realizzabili solo in una economia rigorosamente controllata dallo Stato: aumento dei salari e delle pensioni (con soldi che arrivano da dove?), riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario (bello, ma chi paga?), superamento del Jobs Act e dei contratti precari (il Jobs Act ha creato decine di migliaia di posti di lavoro quindi ce ne vorrebbero due al giorno, i contratti precari servono al mercato del lavoro, perché bisognerebbe ‘superarli’? Al loro posto cosa ci metti, la disoccupazione?), l’istituzione della patrimoniale (WHAT?). In mezzo a queste idiozie però c’è anche qualcosa di giusto e sacrosanto: la riduzione delle aliquote fiscali sui salari, il recupero dell’evasione fiscale, il risanamento dell’ambiente e del territorio. Anche in questo caso però aiuterebbe avanzare, insieme all’idea generale, anche qualche suggerimento su dove reperire i fondi.

Il capolavoro però arriva subito dopo: “per la pensione a 60 anni o con 35 anni di contributi”. Traduzione: per l’abolizione della cosiddetta legge Fornero. Ecco una rappresentazione plastica di quel che si definisce il rossobrunismo: questi valorosi compagni che lottano per il proletariato non hanno problemi a far loro una battaglia classicamente reazionaria e infatti continuamente cavalcata dal fascista con la felpa, quella per il privilegio delle generazioni passate e contro le giovani generazioni. I servi della Russia, che lavorano alacremente per distruggere la nostra economia e la nostra società, hanno buoni alleati anche tra quelli di “sinistra” (HA!).

Seguono proteste contro i decreti sicurezza (sacrosanto, ma attenzione a rialzare la bandiera leghista quando riprendono le proteste contro la Fornero), per il “diritto alla salute” (che non si capisce bene cosa sia e in che modo non sia garantito visto che l’Italia ha un Sistema Sanitario gratuito e di buon livello), per il “diritto alla scuola” (vedi sopra: peraltro questi sindacati hanno scioperato voluttuosamente anche contro i Governi che hanno riempito la scuola di nuovi fondi), per il “diritto alla mobilità politica” (eh?).

Condivisibili gli appelli per la sicurezza sul lavoro e contro le guerre e le spese militari, anche se occorrerebbero molti distinguo, come anche quelli per la regolarizzazione degli immigrati e lo ius soli, peraltro ingenui e sommamente generici. Non può mancare ovviamente la fuffa sulle discriminazioni di genere, che esistono solo nella testa delle femministe.

Val la pena scioperare per affermare ‘valori’ come questi? Sì: se sei contro il capitalismo e per l’economia di Stato, se sei contro i giovani e a favore dei vecchi, se sei contrario a ogni guerra e a fianco di ogni immigrato, se sei per le donne e contro gli uomini, allora sì, forse ha senso aderire a questo sciopero. Se sei un progressista liberale democratico no, non ha decisamente senso.

Diciamo comunque “forse” anche nel primo caso perché al ragionamento complessivo manca un passaggio: se anche condividessimo in toto questo improbabile manifesto, a che pro scioperare? In altri termini: in che modo incrociare le braccia oggi venerdì 25 ottobre può aiutare la collettività a bandire le guerre, per dire? Il problema di questi scioperi generali è che sembrano pretestuosi: le ragioni sono talmente generiche e soprattutto talmente sconnesse dal lavoro di chi se ne fa carico da risultare decisamente poco credibili.

È un problema serio: lo sciopero è un diritto inalienabile che è stato conquistato con tante lotte, ma proprio per questo merita rispetto e serietà. Se un conducente d’autobus sciopera, mi aspetto che lo faccia per rivendicare precisi diritti relativi al suo lavoro: in quel caso sarei il primo ad affiancarmi alla sua lotta. Ma se mi lasci a piedi per il “diritto alla salute” o “contro le guerre interne ed esterne”, come faccio a prenderti sul serio?


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