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La verità è che fate una vita di merda

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December 5, 2014 by Mosè Viero

C’è un aspetto poco sottolineato riguardo alle manifestazioni più o meno vistose del razzismo e dell’intolleranza nell’Italia e nell’Europa del terzo millennio.

Quando si chiede all’acuto opinionista di turno un parere sui suoni gutturali emessi da un qualunque Neanderthal che si scaglia contro immigrati/rom/omosessuali/ebrei/comunisti, prima o poi spunta fuori l’affascinante concetto di “guerra tra poveri”. La gente è esasperata dalla crisi, non c’è lavoro, siamo alla canna del gas e quindi, da buoni vigliacchi quali siamo, ci scagliamo contro i più sfigati e contro quelli già privi di mezzi e diritti, che per forza di cose sapranno rispondere al nostro odio con meno forza rispetto al potente criminale difeso da uno stuolo di avvocati.

Giusto, non fa una piega. Mi stupisce, però, che nessuno faccia un passo ulteriore. Se quella che abbiamo davanti è davvero una “guerra tra poveri”, i poveri sono da tutte e due le parti della barricata. Certo, gli altri sono senz’altro più poveri di noi, anche se qualche buontempone è convinto che non lo siano e che quella fantomatica entità nota come “Stato” li finanzi lautamente (chissà dove tengono i soldi: anche i rom avranno i conti cifrati in Lichtenstein?)

Ma non divaghiamo. La domanda che dobbiamo porci è: se siamo poveri, perché lo siamo? I mezzi di informazione, che sono tra i principali responsabili della fascistizzazione del pensiero comune a cui stiamo andando incontro, sono prodighi di comprensione verso i “nostri”: abbiamo sempre mille motivi per giustificare la nostra condizione di disagio e di intolleranza. Come dicevo prima, non c’è lavoro. L’economia è al collasso. Il denaro è distribuito in modo sempre più iniquo. La classe dirigente è quanto di più inefficiente si possa immaginare. Tra l’altro, sono tutte giustificazioni che, curiosamente, valgono per “noi” ma non per “loro”.

Tutti assolti in quanto poveri, dunque? Possibile che nessuno percepisca la debolezza di questa logica e la violenza che essa dissimula e nasconde? Ciascuno di noi deve fare i conti con la difficile situazione economica in cui ci dibattiamo: ma c’è modo e modo di reagire alle avversità. Un buon modo, per esempio, è impegnarsi per superarle. Per scegliere questa strada, però, bisogna avere una forte motivazione: se non la si ha, è molto più facile che ci si limiti a crogiolarsi nella sfiga e a sparare contro i più sfortunati o contro il “sistema” che ci impedirebbe di fare una vita da nababbi.

Le più belle persone che frequento hanno quasi tutte piccoli e grandi problemi connessi alla difficile situazione contingente: eppure a nessuna di loro verrebbe in mente di prendersela con gli immigrati o i rom o il “degrado” (altra parola magicamente auto-assolutoria: sei razzista? Giammai, lotto contro il “degrado”!) Merito di una forte moralità e di un forte altruismo? Anche, ma non solo. Chi non cade vittima dell’intolleranza e dell’ignoranza è soprattutto chi fa una vita interessante, degna di essere vissuta. Chi ha delle passioni forti, meritevoli di essere coltivate. Chi ha troppo da fare per poter spendere anche solo un secondo del suo tempo prezioso a prenderserla con i più deboli.

Quel che più mi stupisce degli attivisti del razzismo e dell’intolleranza è tutto il tempo che spendono nel coltivare il loro odio: organizzano cortei, stampano volantini, presiedono picchetti. Sembrano aver a cuore solo l’uscita dallo stato di povertà in cui dicono di trovarsi, ma non fanno nulla per uscirne davvero: anche se non lo ammetteranno mai, stanno molto bene nei panni dei poveri e degli sfigati. In quei panni, hanno la scusa migliore del mondo per coltivare l’odio verso il diverso che in fondo hanno sempre provato e che ora, finalmente, possono urlare al mondo senza sentirsi degli stronzi.

In fondo, il razzismo e l’intolleranza costituiscono un ottimo metodo per distinguere i due grandi insiemi in cui si divide l’umanità: coloro che vivono la vita e coloro che, incapaci di viverla, la osservano da lontano. I primi si rimboccano le maniche e agiscono per migliorare la loro condizione, facendo leva solo sul loro talento e sulle loro capacità e non sul demerito altrui; i secondi non fanno niente se non scaricare la propria inettitudine e il proprio vuoto interiore sul prossimo.

Cari razzisti e intolleranti che ahimè imperversate anche tra i miei contatti: sappiate che esibendo il vostro odio state solo dicendo al mondo che fate una vita di merda. E ho una notizia incredibile da darvi: se fate una vita di merda, la responsabilità è anzitutto vostra.


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