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Elezioni Regionali del 20 e 21 settembre 2020: dichiarazione di voto

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September 9, 2020 by Mosè Viero

Il 20 e 21 settembre prossimi si vota per il rinnovo della Presidenza e del Consiglio Regionale di 7 Regioni: Veneto, Campania, Toscana, Liguria, Marche, Puglia e Valle d’Aosta. La valenza strettamente locale della consultazione verrà sicuramente ‘vestita’ di impropri significati a livello nazionale e governativo, com’è tipico di questo Paese malato di sondaggite acuta. Gli schieramenti si presentano, nelle varie chiamate al voto, in forme differenti: in alcune Regioni viene riproposta la coalizione governativa allargata, in altre le varie forze schierano candidati differenti e in competizione tra loro. Sono anche diverse le Leggi che disciplinano le consultazioni: motivo in più per evitare voli pindarici nel dopo-voto.

Essendo io un elettore veneto, mi concentrerò sulla votazione che si svolgerà nella mia Regione. A dire il vero mi spiace molto non essere un elettore pugliese e non poter votare per il mitico Ivan Scalfarotto, forse l’incarnazione migliore delle mie idee politiche attuali, e mi spiace anche non essere un elettore marchigiano e non poter votare per il meno conosciuto ma altrettanto mitico Maurizio Mangialardi, di cui ho sperimentato in più occasioni il buon Governo come Sindaco della da me molto amata Senigallia. Ma sono veneto e devo farmene una ragione.

Prima di passare in rassegna liste e candidati, diamo un’occhiata alla Legge Elettorale Regionale, la n.5 del 2012. La Regione è divisa in sette circoscrizioni corrispondenti alle vecchie Province: a ciascuna circoscrizione vengono assegnati 9 seggi, tranne che a Belluno e a Rovigo che devono accontentarsi di 2 seggi ciascuna. Il meccanismo è proporzionale a turno unico, con ingentissimo premio di maggioranza: alla coalizione vincente verranno assegnati il 55% dei seggi (27) se ottiene meno del 40% dei voti e ben il 60% dei seggi (29) se ottiene più del 40%. Se aggiungete a questo il fatto che questa Legge annulla anche il precedente limite di 2 mandati per la Presidenza, appare abbastanza chiaro che si tratta di un regalo che lo zar del Veneto Luca Zaia si è confezionato per se stesso.

Un punto molto importante da sottolineare è che la Legge veneta prevede le preferenze e anche il cosiddetto voto disgiunto. Giusto per rendere le operazioni di spoglio il più complicate possibili, si può votare in MILLE modi diversi:
– mettendo un’unica croce sul nome di un candidato Presidente, il voto si considera espresso anche per la sua coalizione;
– mettendo una croce sul nome del candidato Presidente e un’altra croce su una specifica lista della coalizione che lo sostiene;
– mettendo un’unica croce su una lista, il voto si considera espresso anche per il relativo candidato Presidente;
– mettendo una croce sul nome di un candidato Presidente e un’altra croce su una lista appartenente a un’altra coalizione (è, appunto, il voto disgiunto: entrambi i voti sono considerati validi);
– senza mettere croci ma scrivendo semplicemente una o due preferenze di fianco a un simbolo di lista, il voto si considera espresso sia per la lista sia per il relativo candidato Presidente; le preferenze si possono mettere anche se si usano le croci come sopra.
Attenzione: se si esprimono due preferenze, devono essere per candidati di sesso diverso, pena l’annullamento della seconda preferenza. Curiosità: anche se una preferenza viene scritta di fianco al simbolo sbagliato, viene comunque considerata valida, ma il voto viene considerato espresso per la lista ‘giusta’ e anche per il suo candidato Presidente.

Passiamo ora in rassegna i nove candidati alla Presidenza e le liste a loro sostegno, in rigoroso ordine alfabetico.

Patrizia Bartelle, ex grillina, è la candidata della lista Veneto Ecologia Solidarietà. Il documento programmatico si concentra, com’è prevedibile, sui temi ambientali, con il tipico approccio barricadero rigorosamente contrario a tutte le grandi opere, dal MOSE alla TAV agli inceneritori. Non mancano peraltro riferimenti importanti a tematiche economiche e sociali, nelle quali il movimento prende posizioni di carattere classicamente social-democratico o, per usare un termine amato dal giornalismo, di “sinistra radicale”.

Paolo Benvegnù, omonimo del noto musicista, è il candidato della lista Solidarietà Ambiente Lavoro. Si tratta di un nome schermo per Rifondazione Comunista, il cui simbolo è peraltro presente nella parte bassa del simbolo di lista. Il programma è esattamente quello che ci si può aspettare dai nuovi ‘rifondaroli’: socialdemocrazia spinta all’estremo, con un odio particolare verso gli imprenditori e il fantomatico “neoliberismo” che sarebbe la piaga della contemporaneità.

Enrico Cappelletti è il candidato del Movimento 5 Stelle. In Veneto la coalizione governativa si presenta in forme estremamente frazionate: i grillini puntano su un ex senatore, imprenditore nel ramo della sostenibilità ambientale, particolarmente impegnato, nella sua attività parlamentare, nelle tematiche della giustizia. Il programma grillino è noto quindi non serve approfondire più di tanto: contrarietà alle grandi opere, assistenzialismo spinto, giustizialismo becero, qualunquismo spaventoso.

Paolo Girotto è il candidato del Movimento 3V, con le 3V che stanno per “Vaccini Vogliamo la Verità”. Non sprecherò preziosi minuti di battitura per parlare di ‘sta roba.

Antonio Guadagnini è il candidato del Partito dei Veneti. Si tratta degli autonomisti più radicali: la scelta perfetta per chi pensa che Zaia non sia sufficientemente localista e razzista. Il programma è parecchio spassoso: per esempio al secondo punto c’è l’abolizione del bollo auto, che non ho mai pensato essere tappa fondamentale nel percorso verso l’autonomia.

Arturo Lorenzoni è il candidato della coalizione di centrosinistra, che però, come dicevamo, nella sua incarnazione veneta non è particolarmente ‘ricca’, mancando sia della sinistra radicale sia dei grillini sia anche dei ‘renziani’. Concretamente, Lorenzoni è sostenuto da una lista a suo nome (Il Veneto che vogliamo – Lorenzoni Presidente), dal Partito Democratico, da +Europa e Volt (fusi nella lista +Veneto in Europa – Volt), da Europa Verde e dalla curiosa lista autonomista di sinistra Sanca Veneta. Purtroppo, spiace dire che l’impressione è che il centrosinistra abbia sostanzialmente rinunciato a combattere per il Veneto: Lorenzoni, ingegnere, già vicesindaco di Padova, è sicuramente una persona degnissima, ma è un personaggio di seconda fila, quasi sconosciuto a chi non si occupa di politica. La sua campagna elettorale è, per usare un eufemismo, dimessa e sottotono; il programma, in bilico tra riformismo e socialdemocrazia, è a tratti apprezzabile ma fatica a focalizzare i punti di identità più importanti. Ci si è poi messa anche la sfortuna: Lorenzoni ha contratto il COVID-19 e nei suoi ultimi interventi pubblici non sembra particolarmente in forma.

Simonetta Rubinato è la candidata della lista Per le Autonomie. Non si tratta dell’ennesima lista autonomista ma di un progetto un po’ più raffinato, che mira a un federalismo di stampo europeo e progressista: la candidata è un’ex senatrice del PD proveniente dalla Margherita, appartenente a suo tempo all’ala ‘renziana’ ma poi uscita dal partito per fondare l’associazione Veneto Vivo, di cui questa lista è un po’ l’incarnazione politica.

Daniela Sbrollini è la candidata di Italia Viva. Il partito di Renzi prova, coraggiosamente (o forse sarebbe meglio dire follemente) a correre da solo, candidando la senatrice vicentina, politica di lungo corso già militante nei Democratici di Sinistra. A differenza di Lorenzoni, la Sbrollini sembra crederci davvero: nelle ultime settimane sta girando come una trottola per la Regione, organizza eventi quasi quotidianamente e ha messo assieme una squadra di candidati molto giovane e molto dinamica. Peccato che abbia scelto come slogan “Autonomi, Coraggiosi, Veneti”, che anziché affermare una identità ‘unica’ si butta a pesce nel cliché dell’autonomia, della quale c’è già un’offerta sovrabbondante.

Luca Zaia è il candidato della coalizione di centrodestra, che si presenta unita come una falange: Lega Nord, Forza Italia, Fratelli d’Italia, più una lista a nome del candidato (Zaia Presidente) e l’ennesima lista autonomista (Lista Veneta Autonomia). Superfavorito e anzi considerato praticamente imbattibile, Zaia resta per me un grande mistero. Specialista nel fingere di essere arrivato cinque minuti prima, vive di politica da quando era in culla. Predica da sempre l’autonomia e non l’ha mai portata a casa, ma ai Veneti piace tanto. Probabilmente molti elettori si riconoscono nella sua incompetenza perché vi si vedono come in uno specchio. In tanti lo identificano come il futuro nuovo leader della Lega: una speranza che abbiamo un po’ tutti, almeno qui ce ne liberiamo.

Quali sono i candidati ‘papabili’ per un progressista liberale come il sottoscritto? Ovviamente dobbiamo escludere i candidati conservatori (Zaia, Guadagnini), i candidati anti-liberali (Bartelle, Benvegnù), quello grillino (Cappelletti) e quello psicopatico (Girotto). Ne restano in ballo tre: Lorenzoni, Rubinato, Sbrollini. In realtà però io oltre che essere progressista e liberale sono anche internazionalista e allergico ai localismi e alle autonomie, ergo espungerei anche Rubinato. Rimangono in ballo quindi solo Lorenzoni e Sbrollini.

Chi mi segue sa che per decidere cosa fare nell’urna utilizzo due criteri: il criterio di primo ordine è la valutazione dell’effetto concreto che il mio voto avrà, il criterio di secondo ordine è la mia preferenza personale.

Quale sarebbe la conseguenza del mio voto per Lorenzoni? In teoria, il candidato della coalizione di centrosinistra è quello che può avere più possibilità di ottenere un buon risultato. Sondaggi alla mano, la sconfitta di Zaia sembra, come scrivevamo, del tutto impossibile: se però l’obiettivo è cercare di cambiare l’asfittica e inconcludente amministrazione che ci portiamo sul groppone da dieci anni (e prima c’era Galan, di cui Zaia era il vice), logica vorrebbe che si concentrasse il proprio voto sul candidato avverso più forte. D’altro canto, Lorenzoni non ha, dietro di sé, nessun progetto politico definito: è il classico candidato mandato allo sbaraglio per evitare di ‘bruciare’ qualcuno di più famoso, ambizioso e titolato. Dargli consenso, quindi, potrebbe finire per appoggiare questo modo un po’ triste di fare politica, in cui ci si impegna solo se si può vincere, in barba a ogni ideale. Viceversa, Sbrollini ha dietro di sé un progetto politico preciso e secondo me molto importante per il futuro dell’Italia: un partito dei progressisti liberali ‘alla Obama’, che è quello che a fatica sta cercando di costruire Renzi. D’altro canto, Sbrollini ha scelto uno slogan quantomeno equivoco; senza contare che il suo risultato sarà quasi certamente a cifra singola e destinato a comparire nella ‘seconda pagina’ delle proiezioni, come se si trattasse di una semplice operazione di disturbo. Come si vede, il voto ai due candidati ‘papabili’ è foriero, in entrambi i casi, di conseguenze positive e negative. Secondo il criterio di primo ordine, dunque, la decisione è sospesa.

Passiamo al criterio di secondo ordine: qual è la mia preferenza personale? Qui non c’è dubbio alcuno: Sbrollini tutta la vita. Non solo la candidata è un vulcano di iniziative, non solo il suo partito è, ai miei occhi, una grande speranza per il Paese, ma la sua lista è di tutto rispetto e ha al suo interno candidati giovani che scaldano il cuore (segnalo in particolare Aurora Marchioro, della quale ho avuto più volte occasione di osservare la passione, l’impegno e anche il ‘candore’).

Che fare, allora? Ammetto di essere un po’ in difficoltà. Una soluzione per far quadrare il cerchio potrebbe riservarla proprio il voto disgiunto: forse in cabina metterò una croce sopra il nome di Lorenzoni e un’altra sopra il simbolo della lista di Italia Viva, con preferenza Marchioro. Però mi riservo di finalizzare la decisione anche sulla base degli ultimi giorni di campagna elettorale: questa volta mi tocca, per la prima volta, pubblicare una “dichiarazione di voto” ancora irrisolta.


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