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Elezioni europee 2019: dichiarazione di voto

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May 17, 2019 by Mosè Viero

Dal 23 al 26 maggio i cittadini dell’Unione Europea sono chiamati a eleggere il nuovo Parlamento dell’Unione: in Italia si vota nella sola giornata di domenica 26, dalle 7 alle 23. I 751 seggi del Parlamento sono ripartiti tra gli Stati sulla base del numero degli abitanti: all’Italia spettano 73 seggi. Lo Stato a cui ne spettano di più è la Germania (99 seggi) mentre quelli a cui ne spettano di meno sono Cipro, Estonia, Lussemburgo e Malta (6 seggi ciascuno). Le leggi elettorali sono differenti nei vari Stati: gli unici vincoli comuni sono che deve trattarsi di un voto elaborato su base proporzionale e che la soglia di sbarramento non può superare il 5%.

L’Italia ha deciso di procedere suddividendo il territorio in cinque circoscrizioni elettorali: Nord-ovest, Nord-est, Centro, Sud, Isole. In ciascuna circoscrizione ogni lista ha candidati differenti, per i quali è possibile esprimere il voto di preferenza. L’elettore sceglie la sua lista e poi può indicare fino a tre candidati, che però devono obbligatoriamente essere di sesso diverso pena l’annullamento della scheda. La soglia di sbarramento è fissata al 4%.

È importante ricordare che queste elezioni implementano il meccanismo cosiddetto degli Spitzenkandidat: il Presidente della prossima Commissione Europea (che è in pratica l’Esecutivo dell’Unione) sarà uno dei candidati principali del Partito che avrà ottenuto più voti per il Parlamento. Gli Spitzenkandidat sono Manfred Weber per il Partito Popolare, Frans Timmermans per il Partito Socialista, Jan Zahradil per i Conservatori Riformisti, Ska Keller e Bas Eickhout per i Verdi e infine Emma Bonino, Margrethe Vestager, Guy Verhofstadt, Nicola Beer, Luis Garicano, Violeta Bulc e Katalin Cseh per i Liberali.

Queste elezioni sono di importanza cruciale, sia a livello europeo sia a livello nazionale. Molti tra gli schieramenti in lotta non fanno mistero di essere anti-europeisti: in caso di una loro netta affermazione a livello continentale, l’Unione potrebbe essere di fatto ‘esautorata’, riportandoci indietro al mondo degli “Stati-Nazione” in guerra tra loro. D’altro canto, anche una affermazione decisa dei partiti cosiddetti ‘sovranisti’ in un singolo Stato importante dell’Unione potrebbe portare all’ (auto) esclusione del suddetto Stato, con conseguente effetto ‘domino’ ed effettiva demolizione dell’Unione. L’Italia è ovviamente l’osservato speciale, dato che sarà probabilmente l’unico tra i grandi Stati fondatori dell’Unione Europea a vedere l’affermazione dello schieramento ‘sovranista’, già al Governo della Nazione e già attivamente impegnato per l’uscita di quest’ultima dall’Unione. A costo di sembrare apocalittici, tocca dire che queste elezioni sono forse l’ultima occasione che abbiamo per cercare di invertire la rotta: la scelta non è tanto tra un partito e un altro, quanto tra l’essere parte del consesso dei Paesi avanzati d’Occidente oppure non esserlo. In altre parole, siamo chiamati a scegliere tra benessere o povertà, tra pace o guerra, tra diritti civili o illiberalità.

Il numero di liste disponibili cambia in base alla circoscrizione. Nel nordest, l’elettore potrà scegliere tra ben diciassette liste, che sono:
– Europa Verde
– Lega Salvini Premier
– Fratelli d’Italia
– Partito Pirata
– Popolo della Famiglia – Alternativa Popolare
– Partito Animalista
– Partito Democratico
– La Sinistra
– PPA Movimento Politico Pensiero Azione
– +Europa – Italia in Comune – Pde Italia
– Movimento 5 Stelle
– Popolari per l’Italia
– Forza Nuova
– Forza Italia
– SVP
– Partito Comunista
– CasaPound Italia – Destre Unite

C’è però un aspetto paradossale che si accompagna a queste elezioni e che non viene mai messo sufficientemente in evidenza: se più o meno tutti abbiamo chiara in testa la collocazione diciamo ‘ideologica’ delle forze in competizione nel panorama nazionale (almeno di quelle maggiori), assai meno chiaro è il fatto che la distribuzione dei seggi in seno al Parlamento Europeo avverrà in forza di tutt’altra logica, costruita sulla base dei grandi schieramenti trans-nazionali. E questi schieramenti si sovrappongono a quelli nazionali senza alcuna soluzione di continuità.
Ecco i più importanti partiti europei:
– Il Partito Popolare Europeo (PPE) è la forza di centrodestra; vi aderiscono la CDU di Angela Merkel in Germania e Forza Italia da noi;
– Il Partito Socialista Europeo (PSE) è la forza di centrosinistra di ispirazione socialdemocratica; in Italia vi aderisce il Partito Democratico;
– Il Partito Liberaldemocratico (ALDE) è la forza liberale progressista; vi aderiscono per la Francia En Marche di Emmanuel Macron e per l’Italia +Europa;
– Il Partito Verde Europeo (PVE) è la forza ecologista antiliberista; per l’Italia vi aderisce il partito Europa Verde;
– Il Partito della Sinistra Europea (SE) è la forza di sinistra antiliberista; per l’Italia vi aderiscono La Sinistra e il Partito Comunista;
– Il Movimento per un’Europa delle Nazioni e della Libertà (MENL/MENF) è la forza di destra euroscettica e nazionalista; vi aderiscono il Rassemblement National di Marine Le Pen in Francia e la Lega in Italia;
– Il Partito Europa della Libertà e della Democrazia (EDF) è la forza populista e anti-europeista di destra; vi aderiscono la destra tedesca di Alternative für Deutschland e per l’Italia il Movimento 5 Stelle.
Certe situazioni sono dunque, per l’appunto, paradossali. Per esempio, a livello locale Forza Italia e Lega sono alleate, e fino alle scorse elezioni lo erano anche a livello nazionale, ma in Europa appartengono a due schieramenti nettamente contrapposti. Oppure: il PD si muove chiaramente sulla stessa lunghezza d’onda di En Marche, tanto che nella circoscrizione nordovest il partito di Zingaretti candida un membro di quel partito (la brava Caterina Avanza), ma a livello europeo queste due forze appartengono a schieramenti contrapposti. Chi vota PD sta a tutti gli effetti aiutando lo schieramento socialista e non quello liberale.

Cosa fare, dunque? In questo articolo prenderò in considerazione solamente le liste votabili dal cittadino liberale, progressista e razionale. Quindi scartiamo in partenza:
– fascisti e sovranisti, che sono il principale nemico da combattere per tutti, indipendentemente dal proprio colore politico (Lega Salvini Premier, Fratelli d’Italia, Popolo della Famiglia – Alternativa Popolare, Partito Animalista, PPA Movimento Politico Pensiero Azione, Movimento 5 Stelle, Forza Nuova, CasaPound Italia – Destre Unite);
– le liste di destra teoricamente moderate ma in realtà pronte ad allearsi con fascisti e sovranisti (Popolari per l’Italia, Forza Italia, SVP);
– le liste di sinistra illiberale e anti-capitalista (Europa Verde, La Sinistra, Partito Comunista);
– le liste dadaiste e situazioniste (Partito Pirata).
Alla fine la scelta sembra semplice, dato che le liste rimaste in ballo sono solamente due: Partito Democratico e +Europa – Italia in Comune – Pde Italia.

In realtà la faccenda è però assai complicata, dato che queste due opzioni sottendono due ‘mondi’ assai diversi e due concezioni per certi versi contrapposte della politica europea. Come da qualche tempo faccio ogni volta che devo decidere a chi assegnare il mio voto, procederò secondo due criteri: il criterio di primo ordine è la valutazione delle conseguenze concrete che il voto avrà per la collettività; il criterio di secondo ordine è la vicinanza tra le mie idee e il programma presentato dagli schieramenti.

Cominciamo dal criterio di primo ordine. Quali conseguenze avrebbe per la collettività una buona affermazione del Partito Democratico? Sicuramente il PD, o almeno una sua parte consistente, si sta opponendo con forza al sovranismo imperante: quello attualmente guidato da Nicola Zingaretti è il principale schieramento anti-nazionalista che abbiamo in Italia, quindi un suo successo è certamente auspicabile. D’altro canto, il PD non ha esattamente una direzione di movimento chiara: la sua parte di ispirazione socialdemocratica sembra aperta a una possibile alleanza con una parte dello schieramento sovranista (il Movimento 5 Stelle). La ‘corrente’ che più si oppone a questa possibilità è quella di ispirazione liberale, il che è un paradosso: nella lotta contro i sovranismi e quindi per il liberalismo (dato che sovranismo fa rima con statalismo), l’elettore dovrebbe dare il suo voto allo schieramento socialdemocratico, che è da sempre assai più statalista che non liberale. Il paradosso aumenta ancora di più quando si pensa che quasi certamente nella lettura ‘provinciale’ che del voto faranno i media italiani un buon successo del PD verrà letto come l’affermazione della linea-Zingaretti contro la linea-Renzi: cioè della socialdemocrazia contro la sinistra liberal. D’altro canto, lo spitzenkandidat del PSE, Frans Timmermans, è un personaggio di alto spessore e contribuire alla sua elezione a Presidente della Commissione è certamente positivo. Quali sarebbero invece le conseguenze per la collettività di una buona affermazione di +Europa? Il partito già di Emma Bonino e ora guidato da Benedetto della Vedova (eletto peraltro da un Congresso che definire controverso è un eufemismo) è alleato, in Europa, con l’ALDE, lo schieramento liberale: e come abbiamo appena detto il liberalismo è senza dubbio il miglior ‘antidoto’ contro nazionalismi e sovranismi. Emma Bonino peraltro è l’unico Spitzenkandidat italiano, e una sua elezione a Presidente della Commissione sarebbe una notizia incredibilmente positiva: ma le possibilità che questo avvenga sono prossime allo zero, dato che pare probabile che i due partiti che possono realmente contendersi la presidenza siano il PPE e il PSE. E c’è di più: in Italia, come dicevamo, c’è una soglia di sbarramento al 4%, e non è affatto scontato che +Europa superi questa soglia. Il rischio è che il voto dato a questo schieramento vada perduto. Secondo il criterio di primo ordine, sembra ragionevole dare il voto al Partito Democratico.

Passiamo al criterio di secondo ordine. Quale tra questi due partiti è più vicino alle mie idee attuali? Come si sarà capito, la mia opinione è che sovranismo e statalismo vadano combattuti anzitutto attraverso il liberalismo, l’apertura, la meritocrazia. Dal punto di vista ideologico, la ‘casa’ del mio voto europeo in questo momento dovrebbe essere senza dubbio l’ALDE, lo schieramento guidato da quel grand’uomo di Guy Verhofstadt. L’unico partito collocato senza se e senza ma tra i liberali europei è +Europa: il PD è come sempre ondivago, spezzato tra una componente socialdemocratica che guarda con inquietante interesse a certe idee populiste (come il reddito di cittadinanza) e una parte liberaldemocratica che starebbe assai meglio nell’ALDE che non nel PSE. Tra le due opzioni in campo, +Europa è il partito da sostenere sulla base del criterio di secondo ordine.

Il corso d’azione da seguire è dunque chiaro: il criterio di primo ordine deve avere sempre la meglio sul criterio di secondo ordine. Le elezioni non sono un concorso di bellezza né un modo per appagare la nostra pura e semplice voglia di essere rappresentati: sono un esercizio di condizionamento del reale. Di fronte alla concreta possibilità che il voto vada perso per via della soglia di sbarramento, l’azione più sensata è direzionarlo verso lo schieramento antinazionalista maggiore, cioè il Partito Democratico.

A spingere ancora di più verso questa scelta, peraltro, c’è il fatto che queste elezioni implementano le preferenze. È quindi possibile dare il proprio sostegno a chi, all’interno del PD, appartiene allo schieramento liberal-democratico. Ecco i candidati del PD per la circoscrizione nordest:
Carlo Calenda: il liberale per antonomasia, nonché un grandissimo comunicatore, forse colui sul quale il PD dovrebbe puntare per una Segreteria futura;
Elisabetta Gualmini: vicepresidente della Regione Emilia Romagna, è di ispirazione socialdemocratica e grande sostenitrice di un possibile accordo con il M5S;
Paolo de Castro: già Ministro delle Politiche Agricole, di collocazione prodiano/dalemiana;
Achille Variati: già bravo sindaco di Vicenza, proveniente dalla sinistra DC;
Isabella de Monte: eurodeputata uscente e già senatrice, di area renziana;
Roberto Battiston: astrofisico, già presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana (silurato dal Governo in carica), per la prima volta in politica, è di area liberale;
Cecile Kyenge: già Ministro per l’Integrazione, protagonista in passato di polemiche scatenate dalla Lega (una donna nera ministro? Orrore!), è di area socialdemocratica;
Antonio Silvio Calò: docente di Filosofia, è salito agli onori delle cronache per essersi offerto di ospitare 6 migranti in casa sua; non è un politico di professione ed è una persona davvero degna di ammirazione;
Cecilia Guerra: economista, già Viceministro del Lavoro, fuoriuscita dal PD al tempo della scissione di Bersani ora rientra dalla finestra;
Furio Honsell: matematico, già sindaco di Udine, per un certo tempo in passato anche personaggio televisivo, è di collocazione bersaniana;
Alessandra Moretti: già Deputata, poi candidata presidente per la Regione Veneto (sconfitta), di area socialdemocratica;
Eric Veron: imprenditore franco-olandese, di ispirazione liberale;
Roberta Mori: avvocato, nel Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna, di area zingarettiana;
Francesca Puglisi: già Senatore, di area franceschiniana;
Laura Puppato: Consigliere Regionale del Veneto, già Senatore, di area socialdemocratica.

Fosse per me, sceglierei come mie preferenze Carlo Calenda, Roberto Battiston e Antonio Silvio Calò. Ma dato che la stupidissima regola sulle ‘quote rosa’ impone di indicare candidati di sesso diverso, sceglierò Carlo Calenda, Roberto Battiston e Isabella de Monte.

In questo modo sosterrò candidati chiaramente liberali, anti-populisti e anti-nazionalisti, senza rischiare di sprecare il mio voto per un partito che potrebbe non raggiungere il quorum. E se il giorno dopo quel simpaticone di Nicola Zingaretti spaccerà una buona affermazione del suo partito come la sconfitta definitiva dei ‘renziani’, cioè dei liberali, io passerò oltre e saprò, in cuor mio, di aver contribuito al tentato salvataggio dell’Europa, contro chi la vuole distruggere e anche contro chi vuole allearsi con chi la vuole distruggere.


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