Cos’è l’elite?
0January 22, 2019 by Mosè Viero
In questi giorni la Repubblica sta ospitando un dibattito, innescato da Alessandro Baricco, sul rapporto tra elite e ‘popolo’. La tesi di fondo, accettata da gran parte dei partecipanti al confronto, è riassunta dalla seguente affermazione, che apre l’intervento dello stesso Baricco: “è andato in pezzi un certo patto tra le elites e la gente, e adesso la gente ha deciso di fare da sola”. Lo scrittore torinese è assai preoccupato da questa fattispecie, ma penso di poter immodestamente affermare che il dibattito difficilmente approderà a qualche fausto lido, perché la premessa da cui parte è sbagliata.
Caratteristica eminente delle forze politiche e dei movimenti reazionari e autoritari è ‘personificare’ il popolo e pretendere di parlare a nome di esso: ma si tratta di un puro e semplice stratagemma retorico. La ‘gente’ non esiste: esistono individui che di volta in volta possono pensare o agire all’unisono, mossi dal sentimento diffuso o dalla difesa dei propri interessi. Nessun Governo rappresenta mai la ‘gente’, dato che la totalità degli individui assomma in sé una pluralità di istanze che non potrà mai essere sussunta in un determinato indirizzo politico. Un Governo potrà tentare di soddisfare alcune di queste istanze, andando inevitabilmente contro tutte le altre. Un buon esponente di Governo è precisamente colui che persegue il proprio disegno senza negare di rappresentare un partito, cioè una parte della società. Viceversa, un cattivo governante finge di parlare a nome della totalità del popolo, negando la complessità del reale e ponendo implicitamente al di fuori della società civile chi ne contesti l’operato.
Con la sua premessa, Baricco accetta il piano discorsivo su cui si muovono i populisti: loro rappresentano la gente, e a opporsi a loro c’è l’elite. Cioè la minoranza ricca e benestante. Se questa è la premessa, per quale motivo un progressista dovrebbe opporsi a questo Governo? Non dovrebbe un progressista essere sempre dalla parte del popolo? La risposta a questa domanda che sembrano dare alcuni interventi nel dibattito è la seguente: la gente al potere è sprovveduta, ha bisogno dell’elite per sapere da che parte muoversi. Ma anche in questo caso c’è qualcosa che non torna. Così come è assurdo affermare che il ‘popolo’ abbia una determinata caratteristica o opinione in quanto ‘popolo’, altrettanto assurdo è affermare la stessa cosa per l’elite. L’elite è, proprio come il ‘popolo’, un insieme di individui, ciascuno con le sue idee e i suoi interessi. C’è una parte dell’elite che guiderebbe il ‘popolo’ verso destra e una parte che lo guiderebbe verso sinistra.
Forse il vero problema è che messa in questi termini la contrapposizione tra il popolo e l’elite sembra data una volta per sempre, come se fossimo ancora ai tempi della società feudale: puoi nascere popolo o puoi nascere elite, e dove ti trovi collocato è più una questione di fortuna che di merito. Il dibattito innescato da Baricco mostra tutta la sua insensatezza nel momento in cui ignora il fatto che viviamo in una società dinamica, nella quale i confini tra ‘popolo’ ed elite sono mobili ed evanescenti. Certo, è quasi un luogo comune affermare che l’ascensore sociale non funziona come dovrebbe: chi nasce ricco ha molte più possibilità di chi nasce povero, ma abbiamo ancora, non si sa per quanto, quel minimo sindacale di liberalismo che permette l’affermazione economica e sociale anche a chi parte da zero o quasi.
Se davvero volessimo inquadrare il problema incarnato dal successo dei populisti, dovremmo partire da questo semplicissimo assunto: nel momento in cui raggiungi il potere, diventi tu stesso parte dell’elite. È questa la prima ragione per cui è assurdo pensare a un Governo come incarnazione del ‘popolo’: il Governo è, proprio in quanto Governo, altro dal popolo. E non è necessariamente un problema: è, anzi, un segno tangibile della mobilità sociale di cui parlavamo sopra. Viviamo in una società dove è permesso a tutti di raggiungere le leve del potere e quindi di diventare parte dell’elite: una società mobile è una società sana.
Il problema *vero* è la modalità con cui avviene il passaggio dal popolo all’elite. Appartenere alla classe dirigente comporta una enorme responsabilità, soprattutto quando si ricoprono ruoli di rappresentanza. Affrontare queste responsabilità richiede competenza e preparazione. Doti che non piovono dal cielo, ma che sono frutto di un percorso di crescita lento e faticoso. Le grandi forze politiche del passato, come il Partito Comunista o la Democrazia Cristiana, si facevano carico di questo percorso di crescita: prima di raggiungere la dirigenza o lo scranno parlamentare, il militante doveva essere adeguatamente formato, anche attraverso la scuola di partito. Se il figlio dell’imprenditore poteva permettersi di frequentare le migliori università, il figlio dell’operaio poteva formarsi tramite il suo partito di riferimento: quando il figlio dell’operaio giungeva in Parlamento, diventando quindi parte dell’elite, poteva confrontarsi ad armi pari con il suddetto figlio dell’imprenditore, sia nelle riunioni politiche sia nel dibattito con le parti sociali.
Oggi i grandi partiti sono scomparsi, ma non è scomparso il bisogno di competenza e preparazione. I populisti sono coloro che, partendo dalla premessa (peraltro essa stessa falsa) secondo cui i vecchi partiti ci avrebbero portato nel baratro, giungono alla conclusione che anche la competenza e la preparazione di cui si facevano vanto i vecchi partiti siano da ‘rottamare’. Ecco il vero grimaldello tramite cui i populisti confondono le acque: i populisti si spacciano come membri del ‘popolo’ perché cercano di far passare come caratteristica eminente del ‘popolo’ non la subalternità economica, ma la subalternità culturale. Vedete? Noi siamo ignoranti proprio come voi. Siamo privi di gusto proprio come voi. Mangiamo schifezze proprio come voi. Certo, nel frattempo guadagniamo ventimila euro al mese e abbiamo in mano le leve del potere, ma se siamo ignoranti e incompetenti allora siamo popolo.
L’equivoco è tutto qui. Essere parte dell’elite vuol dire avere potere: e il potere lo si ha anzitutto quando si ha forza economica. Nelle società sane, la forza economica si raggiunge tramite la competenza e la preparazione: nella nostra società allo sbando, invece, abbiamo sostituito la vecchia elite competente e preparata, o che almeno fingeva di esserlo, con una nuova elite incompetente e impreparata, o che almeno finge di essere tale per meglio strumentalizzare il popolo bue.
Avere chiaro in testa questo meccanismo permette di riconoscere altre fallacie logiche che potremmo affiancare a quella veicolata da Baricco. Chi prende in giro chi è ignorante e incompetente è uno snob e uno spocchioso? Dipende. Se il bersaglio è un operaio figlio di operai che ogni giorno si fa otto ore di catena di montaggio, sì: prenderlo in giro per la sua ignoranza è da cinici e da spocchiosi. Ma se il bersaglio è uno che fa il ministro, prenderlo in giro per la sua ignoranza e incompetenza è un dovere civico. Se un totale incompetente fa il ministro, qualcosa non va nel nostro sistema di selezione dell’elite: esserne consapevoli e parlarne è il primo passo per uscire dall’impasse. Chi prende in giro Di Maio perché faceva il bibitaro è uno squallido classista? Ma per somma cortesia. Il problema non è che Di Maio facesse il bibitaro: il problema è che è passato da bibitaro a ministro dall’oggi al domani, e che quindi fa il ministro con la competenza del bibitaro. Va benissimo che un bibitaro possa diventare ministro: ma tra l’uno e l’altro ci dev’essere un lungo e faticoso percorso di crescita e di formazione.
Con buona pace di Baricco, il nostro problema non è che è salita al potere la ‘gente’ e che la ‘gente’ non è preparata a gestire il potere. Come può esistere ‘gente’ colta e istruita, così può esistere elite ignorante e incompetente. Il nostro problema è che alla vecchia elite si sta sostituendo una nuova elite, e che la nuova elite è infinitamente peggiore di quella che avevamo prima, perché è totalmente incompetente. O, ed è ancora peggio, finge di esserlo per meglio manipolare i suoi sprovveduti elettori. L’opposizione deve avere le idee chiare su questo, se vuole avere qualche possibilità di affermarsi.
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