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Sanremo 2023 – Le mie pagelle

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February 8, 2023 by Mosè Viero

È cominciata la settantatreesima edizione del Festival della Canzone Italiana, la quarta diretta e condotta da Amadeus. Dopo le prime due serate l’impressione è che sia un Sanremo in tono minore rispetto ai precedenti: soprattutto per il ritmo generale dello show, ancora più lento e farraginoso dei precedenti.
Ecco i nostri giudizi dopo il primo ascolto. Seguiremo l’ordine di esibizione. In calce a ogni commento trovate i link ai video ufficiali su YT.


Anna oxa – Sali

Veterana del Festival, Anna Oxa ha portato sul palco dell’Ariston, nel corso di ben cinque decenni diversi, tantissime hit di successo. Sali è un pezzo dall’ottima orchestrazione e dal solidissimo arrangiamento, con una coinvolgente andatura in crescendo e un testo (dovuto alla rodate penne di Francesco Bianconi e Kaballà) caratterizzato da un lirismo intenso e credibile. Purtroppo la canzone si svolge tutta su tonalità alte, che l’interprete non riesce più a padroneggiare come un tempo: le svisate sul palco non sono riuscite molto bene e hanno anzi viziato pesantemente la fruizione del testo. La versione in studio è più godibile.
Curiosità: c’è un piccolo mistero che riguarda il titolo di questo pezzo. Quando fu annunciato, e tutt’ora sulla bibbia del Festival, ovvero Sorrisi e Canzoni, il titolo è Sali (Canto dell’anima). Ma sul palco il titolo è diventato solo Sali. Come mai?

Voto: 7 al pezzo, 5 all’interpretazione


gIANMARIA – Mostro

Esponente con Madame e Sangiovanni della new wave vicentina, il ventenne gIANMARIA è, comprensibilmente, ancora piuttosto acerbo: ha però già un suo stile ben caratterizzato, vocalmente e ritmicamente. Fin troppo, verrebbe da dire: Mostro ricorda da vicinissimo La città che odi, il pezzo che il cantante portò a Sanremo Giovani. Per crescere, sarà necessario diversificare gli investimenti, per così dire.

Voto: 6

video ufficiale


Mr. Rain – Supereroi

Alla sua prima partecipazione al Festival, il rapper veronese Mr. Rain si presenta con una canzoncina orecchiabile e (fin troppo) leggera, composta dal cantante con l’ausilio della prolifica Federica Abbate. La messa in scena, con la partecipazione di un piccolo coro di bambini, è davvero stucchevole: e l’arrangiamento d’archi barocco alla Bjork non basta a nobilitare un’operazione che sembra davvero poco adatta al personaggio.

Voto: 4

video ufficiale


Marco Mengoni – Due vite

Tra i cantanti di maggior successo del pop italiano contemporaneo, Marco Mengoni ha già partecipato al Festival in due occasioni, e ha sempre vinto: gli va dato atto di essersi messo ancora in gara senza problemi e senza pretendere di fare il “superospite”, ruolo in cui pure non avrebbe sfigurato. Per il suo nuovo brano il nostro si è messo nelle mani abilissime di due autori sforna-hit: Davide Petrella a.k.a. Tropico e Davide Simonetta. La canzone partorita da questo dream team è furbissima: Due vite è un pezzo melodico sanremese a ventiquattro carati, dalla struttura solida e moderna e con un ritornello dalle ampie aperture, perfetto per essere cantato a squarciagola dalle fan nei concerti. L’interpretazione è stata impeccabile, cosa rara tra i cantanti in gara nella prima serata. Però confessiamo che l’operazione ci sembra un po’ senz’anima: come ci sembrava senz’anima il pezzo di Elisa dello scorso anno.

Voto: 7

video ufficiale


Ariete – Mare di guai

La giovanissima Ariete (pseudonimo di Arianna Del Giaccio, classe 2002) è un nome già importante e consolidato nel panorama del pop contemporaneo. Mare di guai è un pezzo che rappresenta molto bene il mondo artistico della cantante: melodico ma leggermente diseguale, interpretato con piglio coscienziosamente naif e intessuto di immagini semplici ma poetiche, costruite in questo caso con l’aiuto del bravo Calcutta. L’arrangiamento fa sentire molto l’esperta mano di Dardust, soprattutto nell’intro e nell’outro. Peccato che il tutto sia stato un po’ compromesso da un’interpretazione molto imperfetta, probabilmente a causa dell’emozione. Siamo pronti a scommettere che migliorerà molto e che avrà un buon successo in radio.

Voto: 7

video ufficiale


Ultimo – Alba

Faccio coming out: non capisco il successo di Ultimo. Dev’esserci senz’altro qualcosa che mi sfugge: ma a me le sue canzoni sembrano tutte piatte, banali, con testi da galera. Niccolò, eddai, assumi un paroliere: dovresti avere qualche soldo da parte. Cose come Amo l’alba perché spesso odio la vita mia / camminando senza meta in questa strana via / amo l’alba perché è come una sana follia / puoi capirla se la senti e non mandarla via non si possono sentire e vanno accettate solo sui papiri di laurea (forse). Musicalmente, poi, questo pezzo è davvero underwhelming: inizio parlato, primo ritornello quasi impercettibile, crescendo rossiniano nel secondo ritornello, fine. Tante urla e poco arrosto. Eppure piace, anche ai giornalisti. Devono sapere qualcosa che io non so.

Voto: 4

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Coma_Cose – L’addio

Lama & California sono un bagliore luminoso nel panorama della musica italiana contemporanea, che spesso per quelli della mia generazione, ormai già un po’ boomer, appare confuso e un po’ piatto. La loro musica è molto semplice, quasi ‘scolastica’, quasi comfort zone per chi è cresciuto negli anni Novanta: ma è nobilitata da testi creativi e stralunati, che danno sempre la netta impressione di essere frutto di vissuto vero e non semplice operazione retorica. L’addio rientra perfettamente in questa descrizione: è la trasposizione in musica della crisi sentimentale dei due interpreti, partita, ma già rientrata, dopo il successo della partecipazione precedente, con il brano Fiamme negli occhi, peraltro apertamente citato in questo pezzo. Alla luce di ciò che sappiamo della vita dei cantanti, la loro arte dice quel che altrimenti non direbbe: è, questo, il tratto che da sempre distingue l’ispirazione dalla pura e semplice maniera. La messa in scena de L’addio, con una prossemica che vale quanto tutto il resto se non di più, ci conferma nel nostro assunto di cui sopra. Non è un capolavoro, anzi è una canzonetta: ma è vera, importante e commovente.

Voto: 8

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Elodie – Due

Diciamoci la verità: a uno sguardo superficiale, Elodie può apparire come una cantante frivola e trascurabile, che è arrivata dov’è principalmente grazie alla sua avvenenza, sempre messa ben in evidenza nelle sue produzioni. Niente di più sbagliato: questa donna è tra le cantanti più straordinarie che abbiamo in questo momento in Italia, dal punto di vista del talento ma anche del lavoro, della creatività, della sintonia con lo spirito del tempo. Tutte istanze che a volte la portano anche a esagerare, a peccare di sovraesposizione, con nuovi singoli ogni pochi mesi, ma tutti inesorabilmente centratissimi: cosa che ci fa venire il dubbio che alla fine, forse, abbia comunque ragione lei. Due è incarnazione di rodatissimo pop contemporaneo, composto da una Federica Abbate di nuovo in stato di grazia: è meno ardito di Andromeda, la partecipazione precedente di Elodie, ma comunque perfetto sotto ogni punto di vista. Certo, a differenza di quel che scrivevamo sopra riguardo ai Coma_Cose, questo è puro e semplice manierismo. Ma è fatto maledettamente bene, ed è interpretato da un’artista che sa stare sul palco dell’Ariston a cantare come se fosse la cosa più semplice e naturale del mondo. Dobbiamo riconoscerlo senza troppi snobismi.

Voto: 8

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Leo Gassmann – Terzo cuore

Leo Gassmann è l’ultimo vincitore della categoria Giovani quand’essa esisteva ancora come parte del Festival. Dopo quel successo però il cantante si era eclissato: oggi ci riprova con un pezzo firmato nientemeno che da Riccardo Zanotti, il frontman dei Pinguini Tattici Nucleari, band che negli ultimi anni sbanca il botteghino con ogni suo nuovo singolo. Terzo cuore è precisamente quel che ci si aspetta dal suo autore: pop ben fatto e piacione, fruibile da più o meno tutti ma sufficientemente caratterizzato da non sembrare troppo un dirty pleasure. Peccato che l’interprete non sembri tanto a suo agio nell’affrontare il fraseggio e che il suo approccio risulti un po’ bloccato e scostante. Per ragioni misteriose è piaciuto molto ai giornalisti.

Voto: 5

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Cugini di Campagna – Lettera 22

Ufficialmente i Cugini di Campagna esistono dal 1970: la formazione è cambiata più volte, ma i fratelli Silvano e Ivano Michetti ci sono fin dall’inizio. È una band che di solito si collega al canto in falsetto, che è un po’ la sua cifra stilistica: ma Lettera 22 non asseconda il luogo comune, incardinandosi invece su un canto corale tradizionale, privo di arditezze imbarazzanti. Il pezzo, firmato da Lucchesi & Mangiaracina (ovvero La Rappresentante di Lista), soffre di uno stacco piuttosto netto tra la strofa e il ritornello: la prima segue binari molto classici, un po’ alla Pooh, mentre il secondo, liricamente molto semplice, è più moderno. Ci aspettavamo molto di peggio.

Voto: 6

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Gianluca Grignani – Quando ti manca il fiato

Grignani è fuori fuoco da decenni ormai: ma gli va riconosciuto di aver realizzato, a inizio carriera, lavori importanti, talvolta anche caratterizzati da sperimentazioni ardite. Quando ti manca il fiato è una ballad rock classica, dall’andamento a saliscendi, coscienziosamente svagato, alla Vasco Rossi. Il tema, il rapporto col padre, è svolto con un po’ di retorica ma riesce a essere comunque toccante. Purtroppo in live il pezzo è stato un po’ bistrattato dal suo interprete, che ne ha reso il testo incomprensibile e la linea melodica sfuggente. Ma merita di essere recuperato nella versione in studio.

Voto: 6

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Olly – Polvere

Olly, pseudonimo di Federico Olivieri, è un rapper giovanissimo, proiettato sul palco dell’Ariston, per quanto mi riguarda un po’ inspiegabilmente, da Sanremo Giovani. Polvere è un pezzo rap dance molto semplice, che abbonda in autotune: niente di speciale, ma se non altro riempie una nicchia che, almeno nella prima serata, nessun altro aveva occupato.

Voto: 5

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Colla Zio – Non mi va

I Colla Zio sono una band di cinque elementi che sul palco si alternano più o meno tutti al canto. Il loro è pop leggero, ritmato e spensierato: tanto piacevole da ascoltare sul momento quanto evanescente sul lungo periodo. L’impressione che ci attanaglia è che non siano né simpatici e fuori di testa come gli Eugenio in Via di Gioia né impegnati e interessanti come Lo Stato Sociale. Sembrano il generico di questi altri gruppi, privi di una identità precisa.

Voto: 5

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Mara Sattei – Duemilaminuti

La romana Mara Sattei (in realtà si chiama Sara Mattei), classe 1995, ha già alle spalle una carriera niente male ed è amata dalla critica da tanti anni, pur essendo stata conosciuta dal grande pubblico forse solo con la sua partecipazione al tormentone estivo La dolce vita. Ora Sattei cerca la sua consacrazione con un pezzo che vede tra gli autori nientemeno che Damiano David. Duemilaminuti è una ballad rock classicissima, basata sulla formula magica dei tre tempi: strofa lenta, bridge concitato e ritornello aperto. In mano ai Måneskin, e in inglese, scalerebbe le classifiche come ha fatto The Loneliest. In mano alla Sattei ci ha lasciato per il momento un po’ insoddisfatti, soprattutto per via di una performance vocale non tanto all’altezza. Il ritornello, poi, non ricorda un po’ tanto Anche fragile di Elisa?

Voto: 6

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Will – Stupido

William Busetti è un ventitreenne di Vittorio Veneto, inopinatamente catapultato sul palco dell’Ariston da Sanremo Giovani, dove secondo noi non ha certo brillato (va detto peraltro che l’offerta generale era parecchio deludente). Stupido è del tutto affine al pezzo presentato in quell’altra occasione: è pop melodico dolce e confortevole, dalla struttura e dal sound stra-usurati. Non aiuta a rendere l’operazione più memorabile l’approccio interpretativo, molto acerbo, e la voce alla Topo Gigio. Non se ne sentiva il bisogno.

Voto: 4

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Modà – Lasciami

La band capitanata da Francesco “Kekko” Silvestre, nonché i brani generosamente regalati da quest’ultimo a vari altri interpreti, sono tra i miei incubi ricorrenti. La sua è musica piatta, banale, prevedibile, urlata, irritante, del tutto priva di misura e buon gusto: una specie di versione 2.0 del bel canto all’italiana, che però può piacere solo a turisti della musica. Lasciami rientra perfettamente in questa descrizione: forse rispetto a immonde porcherie come Arriverà Non è l’inferno è un filino meglio, ma nemmeno troppo. Il fatto che il tema sia importante (la depressione attraversata e superata dall’autore) è un’aggravante: il medium è il messaggio. Questo linguaggio così orgogliosamente a-creativo, sempre uguale a se stesso, banalizza irrimediabilmente qualsiasi cosa gli venga data in pasto.

Voto: 4

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Sethu – Cause perse

Marco De Lauri, in arte Sethu, è un savonese di classe 1997, selezionato per l’Ariston da Sanremo Giovani. Cause perse prosegue il discorso cominciato allora con Sottoterra: è un pezzo punk rock un po’ addomesticato, con i versi aggrediti dalla voce, sullo stile di Blanco. Non è da buttare ma non è nemmeno memorabile: l’impressione è che Sethu debba ancora trovare una sua cifra stilistica precisa.

Voto: 5

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Articolo 31 – Un bel viaggio

Una delle reunion più attese organizzate da Amadeus c’è quella tra J-Ax e DJ Jad. Il risultato è questo pezzo stucchevole e retorico, con struttura sommamente prevedibile: strofa melodica in minore, bridge rappato, ritornello aperto alla Max Pezzali, da urlare sotto la doccia a squarciagola. Il testo è didascalico e autoriferito, con momenti cringe da far spavento, tipici dei boomer che vogliono fare i giovani a tutti i costi (“adesso c’hai la family e dipende da te”: uuuuh!) Fatico davvero a capire chi dovrebbe essere il pubblico per un prodotto come questo: ma deve essere un problema mio.

Voto: 4

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Lazza – Cenere

Lazza, pseudonimo di Jacopo Lazzarini, è la rappresentazione perfetta del baratro che talvolta separa le generazioni: quasi sconosciuto da quelli della mia età in su, è una vera e propria star tra i giovanissimi. Portarlo al Festival è stata un’ottima idea: il suo mestiere è evidente, come anche l’enorme distacco che lo separa dagli esordienti veri, che pure sono quasi suoi coetanei anagraficamente. Cenere è pop contemporaneo a ventiquattro carati, ben arrangiato, ben prodotto e cantato con giusta misura. Il giro di basso che connette i blocchi, poi, è davvero una bella idea; certo, il testo è ampiamente migliorabile, ma paragonandolo a quello di tante altre canzoni ce lo facciamo andar bene.

Voto: 7

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Giorgia – Parole dette male

Giorgia è una cantante eccezionale: non solo per il suo innegabile talento, ma anche per il modo in cui ha gestito la carriera, con accortezza e umiltà, senza mai svaccare, senza sovraesporsi, senza fare la diva, ovvero come solo i veri grandi sanno fare. Certo, va detto che in questa carriera c’è sempre stato un problema di fondo, non esattamente secondario per una cantante: la qualità dei pezzi. Giorgia ha alcuni assi nel suo repertorio, ma la mia impressione è che spesso la sua voce venga messa al servizio di canzoni mediocri. Con quella voce può cantare anche l’elenco del telefono, come si suol dire: ma non mi abbandona l’idea che affiancata a un parterre di autori di un certo livello quella voce avrebbe potuto fare molto più di quel che ha fatto. È esattamente il pensiero che mi attanaglia anche ascoltando Parole dette male: un pezzo carino, dignitoso, vestito con un arrangiamento anni Ottanta che sembra fatto con la tastierina Bontempi, intessuto da sonorità R&B alla Alicia Keys. Ma per un ritorno di Giorgia in grande stile all’Ariston serviva qualcosa di meglio. Le altre due interpretazioni che ci aspettano però possono dare soddisfazioni: ci attendiamo tante belle svisate da qui a sabato.

Voto: 7

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Colapesce DiMartino – Splash

A proposito di “peso delle aspettative”: loro non le deludono per niente. Splash è un pezzone, che racchiude tutte le buone qualità di questa coppia straordinaria, che definirei come il portato più importante, fino a questo momento, dei Festival di Amadeus. Il fraseggio e le atmosfere riportano al grande cantautorato, da Battiato a Battisti, però acquisito, sublimato e riproposto in chiave pienamente contemporanea, con l’immancabile accompagnamento di liriche argute, ironiche ma al tempo stesso maledettamente serie (in questo caso il tema è il burnout da troppo lavoro). Abbiamo già voglia di riascoltarla fino allo sfinimento.

Voto: 9

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Shari – Egoista

Shari Noioso è una ventenne di Monfalcone, sul palco dell’Ariston grazie al buon piazzamento a Sanremo Giovani. Il pezzo portato in scena in quell’occasione, Sotto voce, era un polpettone retorico davvero insopportabile: Egoista è un po’ meglio, più centrato e strutturato, ma l’interprete ha un approccio volutamente stentato e vagamente ansiogeno, con una voce che sembra a metà strada tra l’essere rotta dal pianto o intenta a sbadigliare. Magari ai gggggiovani piacerà: io resto perplesso.

Voto: 4

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Madame – Il bene nel male

Togliamoci subito dalle scatole l’elefante nella stanza: nella vicenda del falso green pass Madame si è rivelata una sciocca e una ipocrita, e il fatto che stia partecipando al Festival come se niente fosse per quanto mi riguarda è uno scandalo. Mi meraviglia che i giornalisti si fissino sulle intemperanze di Blanco e non facciano un plissè su questa faccenda ben più grave e più seria.
Ma un buon critico deve sempre separare l’artista dalla persona. Ebbene, da questo punto di vista c’è poco da dire: Madame è una fuoriclasse della musica italiana contemporanea. Dalla sua precedente partecipazione, peraltro, c’è stato un miglioramento notevole anche nell’approccio interpretativo, soprattutto dal punto di vista della dizione, e nella capacità di tenere il palco. Certo, Il bene nel male non è rivoluzionario come Voce e forse non avrà lo stesso successo: è un pezzo più omogeneo, meno diseguale, con meno trap e più house. Ma questo dimostra anche la versatilità dell’autrice, che riesce a scriversi addosso, e a scrivere per altri, pezzi di generi e qualità diversissimi, con una padronanza della penna davvero mirabile per una ragazza di vent’anni. Sono davvero contento di averla vista in concerto prima che uscissero gli scheletri nell’armadio perché adesso mi sentirei un bel po’ a disagio a partecipare.

Voto: 8

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Levante – Vivo

C’è qualcosa che non riesco a mettere a fuoco riguardo a Levante. Una parte di me riconosce la sua innegabile bravura, sia nel comporre sia nel cantare. Un’altra parte però resta bloccata di fronte a interpretazioni spesso un po’ troppo sopra le righe, performate come se l’obiettivo primario di una cantante fosse anzitutto farci vedere quanto è virtuosa. I suoi testi poi mi sembrano più di qualche volta intrappolati in un lirismo generico e accomodante: in questo caso si parla di depressione post-parto, ma se non ci fossero state le interviste a corredo del brano io non l’avrei mai capito e avrei percepito Vivo come una ‘semplice’ celebrazione di una persona che affronta e cerca di superare le difficoltà della vita.

Voto: 6

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Tananai – Tango

Questo ragazzo è talentuosissimo: solo l’insipienza delle giurie e del pubblico può spiegare l’ultima posizione data a un pezzone come Sesso occasionale nel Festival dello scorso anno. Ora Tananai è molto cresciuto, ha preso lezioni di canto (l’ha detto lui stesso), come se a noi importasse davvero qualcosa delle sue stecche: come se l’unica variante possibile fosse il canto preciso e coscienzioso (ma come spiegare allora il successo di Battisti, Vasco Rossi, Jovanotti?) Tango è, all’apparenza, un lentazzo strappalacrime a tema sentimentale piuttosto generico: così lo descrissero anche i giornalisti dopo gli ascolti in anteprima. E io leggendo i loro articoli mi mangiavo le mani pensando: eh no, io voglio il Tananai simpatico e cazzaro! Per carità, Abissale era anche un pezzo carino, ma vuoi mettere Esagerata Sesso occasionale? Invece no: Tango non è affatto un lento qualunque, è una celebrazione toccante dell’amore in tempo di guerra, come chiarisce il commovente videoclip. Senza supporto visivo e senza interviste chiarificatrici (bravo Alberto!), le “palazzine a fuoco” sembravano evidentemente una metafora qualunque. Ecco come si può prendere posizione tramite la propria arte, senza fare comizi e senza sembrare inopportuni e fuori luogo.

Voto: 8

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Rosa Chemical – Made in Italy

Manuel Franco Rocati, in arte Rosa Chemical, è un rapper di classe 1998 piuttosto popolare tra i giovani, con trascorsi da modello e street artist. È un personaggio gender fluid, che presta molta attenzione al look e agli outfit: c’è chi lo paragona ad Achille Lauro. Made in Italy è un pezzo trash e caciarone, che ricorda la produzione più recente di Cristiano Malgioglio: il testo è una affermazione di identità e sembra quasi rispondere alle improbabili interpellanze parlamentari dell’immancabile bigotto di turno. Onestamente, dal punto di vista musicale è un brano veramente brutto: ma accoppiato alla sua salienza e al suo improbabile ma pulitissimo interprete rischia quasi di fare il giro e diventare non dico bello ma almeno passabile.

Voto: 5

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LDA – Se poi domani

Catapultato direttamente sul palco dell’Ariston senza nemmeno passare dai Giovani (chissà perché) questo ragazzo è la plastica dimostrazione di quanto torto ha Amadeus quando afferma che ha dovuto aumentare il numero di cantanti in gara per non escludere canzoni troppo belle. Ama, lascia perdere ché non ti crede nessuno. Se poi domani è pop sdolcinato inutile e stra-sentito, che vorrebbe cercare di arrivare dalle parti di Ed Sheeran ma non ci si avvicina neanche per sbaglio. Luca, lo so che non ci hai mai pensato ma non è obbligatorio che tu faccia il cantante.

Voto: 3

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Paola & Chiara – Furore

Qui lo dico e non lo nego: le sorelle Iezzi sono, nella storia della musica italiana degli ultimi decenni, tra gli artisti più sottovalutati in assoluto. Mi ci metto dentro anche io, che negli anni del loro fulgore creativo le consideravo, da buon elitista che ascoltava solo canzone d’autore, un passatempo per bambini. Invece Television era ed è un album pazzesco, e oggi anche la critica più altezzosa è costretta a riconoscerlo. L’entusiasmo scatenato sui social dall’annuncio della reunion delle sorelle, che avevano sciolto ufficialmente il duo nel 2013, dimostra quanto a suo tempo è stato seminato, a dispetto di tutto. Furore non delude le aspettative: è pop ritmato anni Novanta semplicemente perfetto, con effetto tormentone assicurato e impreziosito da una coreografia che riempie il palco e gli dà vita. Ma anche oggi, inesorabilmente, la critica le snobba: uff, ancora questo pop anni Novanta. Eh sì, ancora: fatevene una ragione.

Voto: 8

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