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La scomparsa della catarsi

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February 12, 2020 by Mosè Viero

Nell’ultimo Festival di Sanremo ha avuto la sventura di presentarsi in gara un giovane rapper romano, Junior Cally, a me fino a quel momento del tutto sconosciuto ma assai popolare tra il pubblico dei giovanissimi. All’annuncio della sua partecipazione si sono scatenate mille polemiche: dal mondo politico hanno tuonato contro l’artista sia l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, sia un nutrito gruppo di esponenti del Partito Democratico e finanche Maria Elena Boschi di Italia Viva; dalla stessa Rai hanno chiesto l’estromissione dalla gara del rapper sia il presidente Marcello Foa sia il direttore di Rai1 Stefano Coletta, ed è stato solo grazie al sostegno ricevuto dal direttore artistico Amadeus se abbiamo avuto modo di ascoltare il pezzo No grazie sul palco dell’Ariston.

Cos’avrebbe fatto di così terribile questo cantante? Oggetto dell’accusa erano soprattutto i testi di alcuni suoi pezzi, in particolare Strega Si chiama Gioia. Ecco i passaggi più incriminati:

Mi piace danzare la notte, sopra le punte, fra queste mignotte. Uscito dalle fogne, dormo con tre streghe. Fratello, le rimando a casa con le calze rotte.

Lei si chiama Gioia, beve poi ingoia. Balla mezza nuda, dopo te la da. Si chiama Gioia perché fa la troia, sì, per la gioia di mamma e papà. Questa non sa cosa dice. Porca troia, quanto cazzo chiacchera? L’ho ammazzata, le ho strappato la borsa. State buoni, a queste donne alzo minigonne.

Ora: lasciamo perdere del tutto il valore estetico di questi testi e anche della musica che li accompagna. Perché, a prescindere da questo, le polemiche di cui sopra erano e restano indegne e pericolose?

Qualcuno ha difeso Junior Cally con l’argomentazione che l’arte è arte e non deve rispondere a criteri di buon gusto. È il classico tema retorico utilizzato anche per sostenere la satira, inclusa quella più disturbante, alla Charlie Hebdo. È sicuramente un argomento solido, ma necessita di qualche precisazione. La satira ha, o dovrebbe avere, un elemento di tensione etica: nel mostrarsi scioccante, cerca di provocare, nel fruitore, una qualche reazione, o almeno una presa di posizione. Non è detto che questo valga per ogni espressione dell’ingegno: esiste da sempre arte che rappresenta la violenza senza voler per forza affermare un messaggio anti-violento. Spesso l’artista rappresenta la violenza semplicemente per adoperarne la componente traumatica onde attirare l’attenzione verso qualche altra istanza. Chiunque visiti una mostra di arte contemporanea si imbatte continuamente in fattispecie di questo tipo, senza che nessuno gridi allo scandalo.

Si potrebbe pensare che nel caso di Junior Cally il problema sia semplicemente la platea sterminata a cui viene offerto il suo messaggio, ben più estesa rispetto al selezionatissimo pubblico che ha confidenza con i meccanismi della comunicazione artistica. Nel qual caso le volontà politiche di censura sarebbero ‘solo’ il tentativo di mantenere il ‘popolino’ nel suo stato di minorità. Non mi abbandona del tutto, però, la convinzione che ci sia, da parte di tanta classe dirigente, una sostanziale e drammatica ignoranza nei riguardi di una delle funzioni fondamentali dell’arte, da che mondo è mondo: la catarsi.

Le tragedie greche inscenavano drammi e violenze di ogni tipo: assassinii, stupri, incesti, genocidi. Lo scopo non era certo dar vita a trame che sapessero catturare l’uditore, dato che il più delle volte le vicende erano note a tutti appartenendo alla tradizione condivisa. La funzione della tragedia era anzitutto, per l’appunto, stimolare la catarsi, cioè cercare di porre un freno alla violenza diffusa attraverso la sua sublimazione estetica. Detto in soldoni: la rappresentazione fittizia ma credibile e coinvolgente della violenza può placare la tensione verso la violenza stessa che ciascuno di noi cela dentro di sé. È un tema molto complesso che qui sto riducendo ai minimi termini: la catarsi può agire sia a livello consapevole, portandoci a cercare la fruizione di vicende drammatiche nel semplice tentativo di provare emozioni forti (atteggiamento riassunto nella classica frase, solo apparentemente paradossale, “mi sono tanto divertito, ho pianto tanto!”), sia a livello inconsapevole, portandoci a ‘esprimere’ interiormente la carica violenta e distruttiva del pensiero sopraffatore, disinnescandolo.

Pensare che l’artista cerchi la tematica controversa per “far parlare di sé” è davvero ingenuo: a meno che non si voglia dire che lo stesso valeva per Socrate duemila anni fa. Ci sarà sempre chi cerca di sfruttare determinati meccanismi solo per ottenere visibilità: ma bisogna rendersi conto che la rappresentazione estetica della violenza è una delle funzioni fondamentali dell’operare artistico. Il povero Junior Cally ha provato a spiegare pubblicamente che lui condanna la violenza: ma quando un artista deve abbassarsi a fare una conferenza stampa per affermare una tale ovvietà, vuol dire che lo stato del dibattito pubblico è davvero tremendo.

Nel più specifico caso in oggetto, poi, c’è un passo ulteriore che occorre fare. Il fatto che i difensori a tempo pieno della donna si scaglino contro una figura come Junior Cally è doppiamente paradossale. Per i motivi detti sopra, ma anche e soprattutto perché il pericolo per le donne non è rappresentato da chi vive la sessualità in forme libere e disincantate, ma da chi la vive secondo i dettami della tradizione e della conservazione. In altri termini: non è di chi è contento di “andare a troie” che dobbiamo avere paura, ma semmai di chi canta nelle canzoni “sei mia per sempre”.


5 comments »

  1. Mario says:

    E quali sarebbero questi dettami della tradizione e conservazione?

    • Mosè Viero says:

      La gelosia, il senso di possesso, il mito dell’eternità dell’amore, eccetera eccetera.

      • Mario says:

        Sul senso del possesso sono certamente d’accordo, dato che ognuno ha il diritto di stare con chi vuole, per quanto ciò possa far soffrire qualcuno, sulla gelosia no, o meglio solo in parte, nel senso che se una persona (uomo o donna che sia) ti lascia o ti tradisce è ovvio che anche se riconosci che è liberissima di farlo ti girino i cocomeri e volevi averla tutta per te (cosa legittima, escludendo alcuni eccessi ovviamente), così come se ci sono buone, e ovviamente fondate probabilità che lo faccia ci sia paura di perderla. Si può provare gelosia anche senza essere possessivi. Se poi uno è per l’amore libero, e non soffre per le cose sopra citate, buon pro gli faccia, ma non deve imporlo agli altri o credersi migliore per questo.

        Se invece si vuole controllare, se la gelosia è infondata e scatenata da motivi sciocchi, o se reagisci in modo eccessivo qualora questa sia fondata (violenze, persecuzioni, ecc), allora si sono d’accordo, e in questi casi c’è un overlap con il senso del possesso. Il desiderio dell’amore “eterno”, (inteso come stare bene insieme per tutta la vita, che è una cosa possibile, non roba spirituale o ultraterrena), è quantomeno difficile da realizzare, ok, e la maggior parte della gente chiaramente non ci riesce, ma non è necessariamente correlato o la causa delle altre due cose.

        • Mosè Viero says:

          Sì, sono più o meno d’accordo con quel che scrivi. L’unico appunto è che chi ha un approccio disincantato e razionale per quanto mi riguarda ha tutto il diritto di credersi migliore, perché lo è. Questo non vuol dire che sia facile, anzi. Tutti siamo vittima delle passioni e a tutti può capitare di scivolare nell’irrazionalità violenta: ma non è certo qualcosa di cui essere fieri.

          • Mario says:

            Ah beh, ma infatti ho tenuto conto almeno un minimo della razionalità e dei fatti (anche se in modo ovviamente ipotetico) nel parlare della gelosia e dell’amore “eterno”, ragion per cui ho fatto appunto la distinzione di cui sopra, fermo restando che trovo assurda l’idea che la razionalità debba essere inserita e dominare in qualsiasi contesto, a mo’ di ripieno del tacchino, anche in ambiti in cui non c’entra (o è rilevante solo in parte), come se la logica dovesse essere per forza la via, la vita e la verità in ogni contesto, o comunque come se dovesse avere voce in capitolo su tutto in maniera preponderante (che poi bisognerebbe anche vedere cos’è questa logica, e se sia davvero meritoria). Ma poi che vuol dire essere vittima delle passioni, vuol dire essere violenti? Perché è ovvio che le passioni siano fondamentali, e non c’è nulla di sbagliato in ciò, e in ogni caso mi riferivo alla gelosia innocua di chi semplicemente non è libertino (e uso questa parola senza disprezzo, sia chiaro) ma comunque rispetta la libertà altrui.

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